Voce è la canzone che Madame ha portato al Festival di Sanremo, la canzone che ha vinto il premio come miglior testo.
Voce è una canzone che inaspettatamente parla della ricerca del piacere e di come ci relazioniamo ad esso.
Come da tradizione, per ogni lettura immaginale, vi consiglio l’ascolto della canzone durante la lettura dell’articolo (CLICCA QUI per ascoltare Voce di Madame).
La voce
Canto una dedica alla mia voce e a me stessa (Madame)
Prima di cominciare, preciso che una lettura immaginale non è una traduzione analitica o un’interpretazione, ma semplicemente una della molteplici letture che si possono dare ad un testo, non l’unica. In questo caso ci ha facilitato anche la performance sanremese dell’immensa Francesca che per ogni esibizione, ecletticamente, ha proposto un significato diverso di Voce: dedicata al nonno scomparso, madre della propria voce, sposa della propria voce. Madame è un’Artista con la A maiuscola, l’artista della quale ha bisogno la canzone italiana.
In questa lettura immaginale, come ho già accennato nell’introduzione, la voce rappresenta il piacere. No, non sono impazzito. La voce, secondo la psicanalisi, è godimento.
Jaques Lacan affermava: “l’essere parlando gode”, “la voce è un oggetto pulsionale”. Per Lacan la voce è un oggetto che consente alla pulsione di raggiungere il godimento, ovvero di soddisfarsi.
In sintesi, la voce è godimento e piacere, pertanto leggiamo la canzone come un percorso di ricerca del piacere.
Mi ricordo di te
Mi ricordo di te
Ricordo i mille giri sulle giostre su di te
Ho fatto un’altra canzone
Mi ricorda chi sono
Ho messo un altro rossetto sopra il labbro superiore
Negli occhi delle serrande si stenderanno e io sparirò
L’ultimo soffio di fiato e sarà la voce ad essere l’unica cosa più viva di me
Voglio che viva a cent’anni da me
Fumo per sbarazzarmi di lei
Ma torna da me
Caro piacere, mi ricordo di te.
L’essere umano è sempre alla ricerca del piacere anche se non sappiamo bene come raggiungerlo. Il primo passo che compiamo quando aneliamo al piacere è ricercarlo nel passato, nei ricordi e nelle esperienze già fatte. Crediamo che riesumare quelle esperienze, o riviverle allo stesso modo possa ricondurci a quel piacere, eppure se l’esperienza è la stessa, noi non siamo più gli stessi, e il ritorno al passato non può funzionare.
Sarà la voce/il piacere ad essere l’unica cosa più viva di me, voglio che viva a cent’anni da me. La ricerca del piacere ci fa sentire vivi, e ci promette eternità nel senso spinoziano della dinamica, sembra quasi che è attraverso il piacere che definiamo la nostra identità.
In un bosco di me
Dove sei finita amore
Come non ci sei più
E ti dico che mi manchi
Se vuoi ti dico cosa mi manca
Adesso che non ci sono più
Adesso che ridono di me
Adesso che non ci sei più
Non so se
Ti ricordi di me
Quanto bello abbracciarti
Che mi mancavi tanto
Sarà bello abbracciarti
Dirti mi sei mancata
In un bosco di me
(…)
Dove sei finita amore? Dove sei finito piacere? Soprattutto nei momenti critici della nostra vita ci accorgiamo che ci manca il piacere delle piccole e delle grandi cose. In alcuni momenti particolarmente dolorosi ci manca l’abbraccio con il godimento.
Perché capita che ci ritroviamo a non avere nulla che ci piace?
Madame, poeticamente, ci dona una risposta: l’assenza del piacere ci accade quando ci rifugiamo in un bosco di me, ovvero quando ci imprigioniamo nel nostro nucleo narcisistico.
Questa immagine è potentissima, è un’immagine narcisistica. Infatti nel mito greco, Narciso si rifugia all’interno del bosco e rinuncia al piacere per paura della morte. Quando ci rifuggiamo nel nostro bosco interiore per paura della vita, rinunciamo, come Narciso, al godimento.
Ha scritto da dove nasci tu
Ho baciato un foglio bianco
E la forma delle mie labbra
Ha scritto da dove nasci tu e che non morirai e se
Negli occhi delle serrande si stenderanno e io sparirò
L’ultimo soffio di fiato darà la voce a quella che è l’unica cosa più viva di me
Voglio che viva a cent’anni da me
Perché in giro mi chiedono di me
E mi chiedo di te anch’io
Il piacere, insieme al dolore è la cosa più viva che ci abita e Madame in questa canzone ci racconta di tutte le sensazioni che abbiamo quando ne siamo alla ricerca dopo averlo perduto.
La seconda tappa della ricerca del piacere è l’identificazione dello stesso con un oggetto esterno, ovvero commettiamo l’errore di cercare nei feticci esterni il piacere personale: una cena al ristorante, una scopata, una corsa, etc…
Eppure la fonte del piacere personale è molto più profonda e Madame, inconsciamente, lo sa bene.,
Baby ne ho fatte
(…)
Quanto bello abbracciarti
Per sentirti un po’ a casa
Sarà bello abbracciarti
Dirti mi sei mancata
In un bosco di me
C’è un rumore incessante
E lo faccio da parte
Tu sei la mia voce
Baby ne ho fatte
Baby ne ho fatta di strada
Baby ti ho cercato in ogni dove
Nelle corde di gente che non conosco
Una volta che abbiamo capito che l’esteriore non può offrirci il profondo piacere personale ci rifuggiamo nuovamente in un bosco di me, il bosco narcisistico della solitudine e della rinuncia al piacere. Crediamo quasi di dover gettare la spugna perché “le abbiamo provate tutte”, Baby ne ho fatte, Baby ti ho cercato in ogni dove.
Tuttavia, nell’assordante solitudine c’è un rumore incessante che ci permette di non rinunciare alla ricerca del piacere, una voce che ci sussurra che c’è ancora qualcosa che possiamo provare.
Sei sempre stata in me e non me rendevo conto
In fondo bastava guardarsi dentro più che attorno
Sei sempre stata in me e non me ne rendevo conto
(…)
Ora siamo tornate
E per sempre sarà
Che tu sei la mia voce
E noi siamo tornate
E per sempre sarà
Sì per sempre sarà
Che tu sei la mia voce
A questo punto della ricerca manca solamente l’ultima tappa del percorso: rivolgere lo sguardo dentro di noi, in fondo bastava guardarsi dentro più che attorno, sei sempre stata in me e non me ne rendevo conto.
Per trovare il vero piacere e godimento “basta” guardare dentro di noi piuttosto che ricercarlo nell’altro.
Questa dinamica ovviamente non vale solamente per il piacere. Tutto ciò che cerchiamo lo possiamo trovare nel nostro mondo infero e la Voce della Psiche è pronta a guidarci verso ciò che desideriamo se sappiamo ascoltarla.
Provo a dare il mio significato che nasce attraverso la mia introspezione sulla canzone, e sull’articolo dedicato. Credo che la canzone rappresenti in pieno il significato che la ricerca del piacere rimane comunque un divenire, bisogna lasciar morire parti di noi, il rifugiarsi nel bosco rappresenta per me appunto il ritirarsi nel proprio vuoto creativo ed elaborare quel lutto, in questo caso Narciso ci viene in soccorso altrimenti sarebbe dura accettare la morte psichica di alcune parti di noi, la voce che tanto ritorna è la funzione del ricordo ossia di quelle parti ormai seppellite ma che attraverso la voce ritornano per sempre. Un saluto