In viaggio
Almeno una volta nella vita hai sentito il bisogno di regalarti o farti regalare un viaggio. Hai sognato di volare a chilometri di distanza, di navigare il Nilo o di ritrovarti su una nave da crociera.
Ti sei mai chiesto cosa ti spinge verso questi desideri? Cosa si nasconde dietro il tuo bisogno di un viaggio?
Vediamo insieme 3 dei motivi che spingono la tua psiche a solcare nuovi orizzonti.
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1. Entrare in una nuova dimensione
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Abbiamo bisogno di colori, di odori e di paesaggi nuovi per sentirci davvero in una nuova dimensione.
Attraverso il viaggio andiamo alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, ma il più delle volte non sappiamo neanche cosa sia. Quello che sappiamo è che un viaggio ci fa entrare in un mondo nuovo.
Le ricerche scientifiche dimostrano che quando prenotiamo un viaggio, la destinazione passa in secondo piano: è importante allontanarci dal nostro porto e dalla nostra storia, ignari però, che la vecchia e la nuova dimensione siamo noi.
Chi parte sa da che cosa fugge, ma non sa che cosa cerca ripeteva in continuazione Troisi nel celebre film Ricomincio da Tre.
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Partire significa riconoscere la presenza di emozioni e sentimenti irrisolti, di sofferenze e vissuti dolorosi dai quali fuggire. Si prepara la valigia pensando di lasciare fuori pezzi di Sé. Si parte illudendosi che il viaggio sia il passaporto di una nuova dimensione e che posti sconosciuti ci rendano sconosciuti anche a noi stessi. Scopriamo, però, un’amara verità: viaggiamo insieme a noi stessi. Cerchiamo di perderci nell’immensità del mondo ma dovremmo orientarci nell’immensità del nostro essere. Cerchiamo stimoli nuovi per emozionarci ma quanto più di vivo c’è in noi stessi non l’abbiamo ancora scoperto.
Il viaggio interiore fa male, è difficile entrare nelle vecchie dimensioni, conoscere i propri paesaggi e aprire nuovi scenari ma è meravigliosamente bello avere se stessi come compagni di viaggio.
Il viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. (M. Proust)
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2. Scoprire nuovi luoghi
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Spesso sentiamo la voglia di posti nuovi. Andiamo alla ricerca di luoghi tranquilli e rilassanti. Andiamo alla ricerca di spazi e dimensioni, in cui fuggire e sentirci liberi dalla routine quotidiana, dai mille impegni, dal caos della normalità.
Partire alla scoperta di luoghi nuovi diventa così un modo per partire alla scoperta del proprio luogo: se stessi.
Attraverso il viaggio scopriamo culture e dimensioni nuove. Le nostri parti più profonde da turisti diventano souvenir dell’altro e della sua storia.
Si parte per andare, ma in qualche modo non facciamo altro che ritornare, tornare a noi stessi, alle nostre radici, al nostro tempo e alla nostra casa. Spesso la durata di un viaggio di ritorno appare sempre inferiore rispetto a quello di andata, nonostante i percorsi siano identici.
Non è un caso che il termine viaggio, in greco, si traduca con nostos: nostalgia, dolore, mancanza.
Ricerchiamo regioni nuove, nostalgici delle vecchie. Voliamo a chilometri di distanza ma all’arrivo sentiamo la mancanza della partenza. Il viaggio rappresenta il desiderio di scoprire nuovi confini e ampliare i propri orizzonti.
Pensiamo ad Ulisse: il suo è stato un viaggio di intelletto e di ingegno. Ha incarnato l’archetipo dell’eroe e del viaggiatore, di colui che si incammina per sperimentare il nuovo. Ma Ulisse è un viaggiatore che ritorna. Ritorna per ritrovare se stesso.
Diventiamo dei veri viaggiatori nel momento in cui siamo consapevoli che la vera meta di ogni percorso è il ritorno alle sorgenti dell’anima, a ciò che realmente siamo.
Pensiamo di scegliere noi il nostro viaggio ma, in realtà, è il viaggio a scegliere noi.
Dovremmo accorgerci che la mappa di qualsiasi viaggio è il percorso di Ulisse. Dobbiamo affrontare la nostra personale catabasis, la nostra discesa agli inferi.
Possiamo cambiar luogo ma non possiamo ignorare i nostri demoni. Ulisse prima di poter tornare ad Itaca ha dovuto affrontare le sirene, Polifemo e perfino l’ira degli Dei, ma soprattutto ha dovuto combattere con se stesso. Ha dovuto, perfino, ammettere di essere Nessuno. Lo scopo di Ulisse non è solo il ritorno ad Itaca ma il riuscire ad affrontare le prove e i pericoli anche a costo di perdere amici, compagni e pezzi di se.
Bisogna iniziare un viaggio consapevoli che ci aspettano mille sirene a creare l’illusione di un nuovo luogo ma in realtà siamo gli unici possibili artefici di un vero viaggio.
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori.
Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.
(Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine)
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3. Staccare dalla normalità
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La frase più comune che sentiamo prima di iniziare un viaggio è: “Viaggio per staccare un po’ dalla normalità”.
Perché abbiamo bisogno di andare oltre oceano per staccare? Perché non basta andare oltre la soglia della quotidianità?
Poniamo una certa distanza tra quel che chiamiamo casa e il nostro ipotetico luogo perché pensiamo che le distanze aiutino. Pensiamo che all’aumentare dei chilometri aumenti il nostro distacco.
Spesso sentiamo: “devo andarmene il più lontano possibile”.
Eppure seduti sull’aereo, in un treno o sul sedile della macchina i nostri pensieri riaffiorano e, seppur oltreoceano, non ci siamo mai sentiti così vicini.
Che cos’è, dunque, il viaggio se non una fuga?
Fuggiamo dalla nostra quotidianità per essere spettatori di quella dell’altro. Preferiamo il viaggio dell’altro piuttosto che il nostro di viaggio. Il nostro essere, purtroppo o per fortuna, non è un interruttore con sole due posizioni. Non basta fare click per spegnere le nostre sofferenze. Al contrario non serve percorrere centinaia di miglia per arrivare in un’isola tranquilla. Ci basta un caffè, un buon libro o una corsa in riva al mare per gustare il sapore di un breve viaggio a contatto con se stessi.
Possiamo chiedere a piloti di aereo, a capitani di navi di crociera o a esplorati di profonde foreste se loro hanno davvero viaggiato. La risposta che riceveremo ci sorprenderà. Non sono gli spazi percorsi a costruire la nostra esperienza.
Il vero viaggio nasce nel momento in cui siamo disposti ad ascoltare l’incessante dialogo tra noi stessi e il mondo che ci circonda.
Questo può avvenire seduti al bar difronte casa o durante un giro in mongolfiera intorno al mondo. Dovremmo capire che anche se in un altro mondo, con un’altra luce, con una magia diversa, il nostro posto è sempre lo stesso.
Siamo eterni viaggiatori tra la luce e l’ombra del nostro essere.
Tutto questo, però, non è sufficiente: dobbiamo fuggire per tonare e sentirci a casa.
Noi non cesseremo l’esplorazione e la fine di tutte le nostre ricerche sarà di giungere là dove siamo partiti, e conoscere il luogo per la prima volta. (T.S. Eliot)
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Conclusioni
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Il viaggio spesso è sinonimo di un regalo a se stessi, di una concessione per rilassarsi. Prendi la tua valigia, fiero. ma ti chiedi: dove stai andando? A cosa ti porterà il tuo viaggio?
Non importa la meta, finirai comunque per amare e disprezzare luoghi e persone, pensando che siano nuovi.
In realtà, sono gli stessi volti e gli stessi paesaggi che hai visto da sempre, solo con nomi diversi.
Scoprirai il perché del tuo viaggio solo quando sarai in grado di tornare a casa.
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Per intraprendere un viaggio interiore c’è bisogno di coraggio. Tu ce l’hai?
E tu perché viaggi? Scrivilo nei commenti qui sotto 👇👇👇👇
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Sono d’accordo con quanto esposto dall’autrice. Il vero viaggio e’ quello interiore e psichico. I paesaggi fanno solo da cornice. Ho apprezzato molto l’articolo e la tematica trattata.
Complimenti Teresa!
Scappo da ciò che avrei potuto essere e che non sono stata. Scappo dall io che mi giudica e che sempre mi trova….dai fallimenti ….dal dolore…Scappo da quella parte di me che si rifiuta….e che fa a botte con quella che si accetta…
Non è per forza così. Non c’è stato viaggio che non mi abbia regalato emozioni bellissime. Si viaggia anche per curiosità, non per fuga: sono stata felice viaggiando come a volte sono stata felice anche nel posto in cui vivo.
Grazie Carla per il commento. Ho riletto l’articolo e non mi sembra che ci sia scritto il contrario. Qui nell’articolo si parla della dimensione di “fuga” nel viaggio, ma non si fa parola dell’esclusività di questa dimensione. Comunque ti segnalo l’etimologia di “curiosità”: “prendersi cura di”. La domanda che ci si potrebbe fare ad ogni viaggio curioso è – di cosa mi sto prendendo cura? – 🙂
A presto
Michele
0.5
Ho iniziato a viaggiare per caso, invitata da un’amica ad andare in Olanda in bus, e da li sono partita per scoprire posti sempre più lontani, tornando a casa sempre stanca ma rigenerata nel corpo e nel cuore,
Ho capito, dopo anni, che io non scelgo dove andare perchè è il posto, soprattutto nelle sue particolarità, che attira la mia attenzione. Le sensazioni dell’alta quota in Ladakh, il popolo birmano con i suoi tradizionali vestiti, gli Alisei, regolari e costanti in direzione ed intensità, a Capo Verde e così via per anni. Ho capito che il viaggio per me inizia mesi prima della partenza, dalla scelta, o meglio, dal richiamo e dallo studio che ne consegue. Poi continua con il ritorno a casa, felice del bagaglio di odori, sorrisi e dalle tante foto scattate, insomma una gioia che continua tutto l’anno