Tua per sempre di Eisa
L’amore è l’unica cosa che riusciamo a percepire che
trascenda dalle dimensioni di tempo e spazio.
Forse di questo dovremmo fidarci, anche se
non riusciamo a capirlo ancora.
(Amelia Brand, Interstellar di Christopher Nolan, 2014)
Ci sono poche costanti nella mia vita.
Una di queste è la mia automobile che abito, per motivi lavorativi e di studio, più di quanto vorrei e la radio sintonizzata su musica italiana. Si, perché ferma nel traffico o mentre sfreccio per le strade prettamente di montagna mi piace cantare insieme all’artista di turno e l’inglese maccheronico non è mai stato il mio forte.
E proprio in più occasioni mi sono ritrovata ad intonare indecorosamente “Tua per sempre” insieme ad Elisa perché, come non mi capitava da tempo, la sua canzone è anche un po’ la mia.
L’amore si può conciliare con la distanza?
Richiede molto sforzo, una grande energia, sottopone a dura prova i nervi. Lo scrive chi si ritrova in una relazione a distanza ormai decennale e che vive questa condizione come un eterno paradosso. Si perché relazione e distanza sembrano essere due termini che si debbano necessariamente escludere a vicenda. Relazione rimanda ad un legame, un rapporto mentre la distanza è lo spazio in cui è costretto a diluirsi questo legame. Oggi che le distanze comunicative si sono pressoché annullate, quelle fisiche rimangono le sole a reggere il peso della lontananza. Ma questo è vero nell’immediato presente perché basta andar di poco indietro nel tempo che, ognuno di noi nati fino alla fine degli anni ’80, ricorderà dei tempi biblici postali per spedire e ricevere una lettera, oppure di quando gli SMS avevano un costo per niente irrilevante.
Proviamo però, adesso, a canticchiare insieme di questa ballata sull’amore di Elisa. (CLICCA QUI per ascoltarla mentre leggi l’articolo)
“Davide [Petrella, autore del brano] è stato ispirato da una lettera di una moglie indirizzata al marito soldato, scritta in tempo di guerra negli anni quaranta” come spiega la stessa Elisa, aggiungendo “Questo disco è pieno di racconti di vita veri e questa è un’altra pagina di quei diari aperti che non sono solo miei, ma sono i sentimenti e le emozioni di tante vite, vissute anche in tempi diversi, ma con gli stessi valori…”.
Amore mio ti aspetto sempre
Cosa accade a chi rimane?
Come nei film di guerra, spesso ci si sofferma sulle azioni di chi combatte, meno su chi si ritrova ad aspettare e sperare che l’amato torni sano e salvo. Illustre progenitrice epica di noi “attenditrici” è Penelope, la moglie di Ulisse. Mentre il marito eroe affrontava la sua odissea, lei viene ricordata soprattutto per la tela che tesseva di giorno e disfaceva di notte ma pochi si soffermano nel riflettere di come nei vent’anni di assenza del sovrano, sia stata lei a tirare avanti la baracca e di come abbia cresciuto tutta sola il figlio Telemaco. Se Ulisse è potuto tornare a casa è perché Penelope ha conservato una casa a cui lui potesse far ritorno. Come lei, tante altre donne hanno costruito una loro vita, una famiglia e conservato il posto per l’amato.
Amore mio ti aspetto sempre
E mai un’attesa è stata vana
Del resto non mi importa niente
Se questa notte ancora chiama
Se serve per sfiorarci ancora
Nessun rimpianto dura una vita intera
Affrontare un’attesa di cui non si intravede una fine è una dura prova e la forza nell’affrontarla si alimenta di speranze spesse volte difficili da scorgere. Si deve essere forti, si deve credere di avere abbastanza costanza, si deve combattere con coloro che dicono di rinunciare perché lo sforzo non ripagherà mai abbastanza e si deve credere per due anche quando si è in uno ad affrontare tutto ciò. Oltretutto si entra in conflitto con l’immagine che si ha di se stessi. Per tutti noi è più facile identificarsi con il coraggioso, il potente, il tenace, l’eroe insomma piuttosto che con colui che rinuncia perché ammette di non riuscire a superare la sfida che ha di fronte.
La nostra storia è complicata
La nostra storia è complicata
Dicono si può sbagliare
Questa città si è illuminata
Quando ci ha visti li a parlare
Eppure si sceglie di perseverare, resistere, perché si intravede l’unicità di quel legame che si è creato. Un legame che illumina intere città, che farà parlare gli amici e ancor di più i detrattori. Si ama per due, per se stessi e per colui che non c’è. Si ama la sua assenza perché è l’unico modo che si conosce per amare. Si idealizza il rapporto e l’altro. L’idealizzazione iniziale è necessaria all’amore. Quando si incontra colui che poi si scoprirà di amare, lui o lei devono avere l’immagine idonea per essere investita di infinite proiezioni benefiche che solo in un secondo momento si dovranno scontrare con la realtà. La realtà umana dell’amato e la durezza della penosità della distanza.
Se cercherai chi sono stata
Se cercherai chi sono stata
E troverai chi sono adesso
In questo viaggio solo andata
Con il prolungarsi delle distanze, si vive in un limbo a metà tra l’attesa per il ritorno e la volontà di vivere la propria vita nel migliore dei modi possibili.
Eppure in questo lungo processo di scelta da quale parte della barricata stare, si inizia a delineare il proprio percorso. Si passa dallo scandire gli impegni secondo il ritmo del prossimo incontro, a ritrovare un proprio ritmo personale che rispetti i propri tempi piuttosto che quelli dell’altro.
I viaggi sono individuali eppure paralleli. Si tornano a coltivare le amicizie, si lavora con passione, si scherza con colleghi e conoscenti. Il tempo passato con un occhio fisso sul telefono via via si riduce perché quell’adattarsi diventa una routine, si sta con l’assenza dell’altro. E ad ogni successivo incontro, è un nuovo incontro. Ci si deve ripresentare daccapo come la prima volta, perché torna ad essere una prima volta che ha un sapore antico. Cercherai chi sono stata e troverai chi sono adesso.
L’amore è una bugia
Tanto resto tua per sempre
Non so mentire al cuore mio
Ogni volta è facile scappare via
L’amore a volte è una bugia
Un solo attimo e sono
Tua per sempre
Conosci bene il nome mio
E che importa
Se le promesse sono eterne
Se non ci credi non fa niente
Comunque vada resto tua
Comunque vada resto tua
L’amore diventa una bugia quando lo consideriamo solo abitante della dimora del piacere e non di quello della sofferenza.
La tortura dell’anima sembra inevitabile in ogni intimo coinvolgimento, […] , a dispetto di tutto ciò che si fa per evitare e alleviare la sofferenza, sembrerebbe che a generarla sia il processo stesso in cui le persone si trovano, quasi che una necessità mitica ci costringesse a mettere in scena Psiche ed Eros. […] Il nostro mito ci dice che la sofferenza della psiche viene dall’amore. (J.Hillman, Il mito dell’analisi, p. 104)
Nella favola di Amore e Psiche di Apuleio sia Eros che la fanciulla Psiche vengono torturati e sottoposti a difficili prove prima di ricongiungersi. Queste prove però non sono fini a se stesse, sofferenze gratuite inferte ai due mal capitati. Per entrambi sono prove iniziatiche, prove necessarie, un percorso obbligato e sofferente affinché abbiano coscienza per comprendere che l’uno appartiene all’altro.
Conclusioni
Un amore, soprattutto quando è a distanza, è amore prima di tutto verso se stessi perché si viene sottoposti a numerose prove che si devono irrimediabilmente affrontare da soli.
La solitudine diventerà la condizione più familiare con la quale si farà esperienza e sarà la porta attraverso la quale si conoscerà più approfonditamente se stessi, i propri punti di forza e le proprie debolezze. Affrontando le prove potremmo riconoscere di sentire di poter appartenere all’altro e appartenere a se stessi senza sentire che una condizione sia necessariamente il tradimento dell’altra.
P.S. CLICCA QUI per leggere la lettura immaginale di SE PIOVESSE IL TUO NOME