Sognare il covid: la paura di contagiarsi e di contagiare diventa un archetipo

Qualche tempo fa scrivevamo sulle mascherine nei sogni, scrivevamo sul Covid che ci consentiva di osservare la nascita di un archetipo, ossia la mascherina. Si le mascherine sono, dopo circa 4 mesi di lockdown, venute a farci visita regolarmente nei sogni. Ma da qualche tempo nel mio studio, come immagino in quelli di molti colleghi, i pazienti, con frequenze che ricalcano la curva dei contagi, portano sogni in cui si scoprono contagiati, infettati, ammalati di Covid e, al tempo stesso, il sogno contiene la fantasia di poter contagiare i propri cari.

Rischio contagio tra sogno e realtà

Nel lavoro con i sogni si volge lo sguardo a quella che, prosaicamente, chiamerei “dimensione simbolica”. Si recupera, cioè, l’aspetto archetipico di un immagine ossia la componente emotiva e motivazionale di base. Ma prima di questo è bene sempre ripartire dagli aspetti pratici. Allora direi che il timore del contagio oggi è divenuto un assetto psichico costante. Mentre in passato ci capitava solo temporaneamente di vivere il timore di un qualche evento paradigmatico, oggi quel timore ha perso il carattere di temporaneità ed è divenuto una costante. Non ci riferiamo ai soli eventi infausti ma, più in generale, a quelli chiamati dalla psicologia “eventi critici”. Il timore di essere incinta o che lo sia la propria ragazza, l’esito dell’emocromo, un possibile trasferimento per motivi professionali, l’attesa di un verdetto e chi ne ha ne metta.

Il covid ronza e poi sogna

Insomma tutti gli eventi che ci attivano, ci mettono nell’ansia e nell’attesa che un rischio si palesi, ci obbligano all’esperienza di quello che chiamerei “ronzio psichico”, ossia quell’idea che, come un acufene, non si leva mai dalla testa e da cui cerchiamo, con paziente e oculata spensieratezza, di distogliere lo sguardo. MA lei, l’idea ci segue come un ombra o ci prende per mano mentre facciamo la spesa, quasi a ricordarci che possiamo distrarci ma non assentarci da lei. Eccolo il covid che cronicizza questa esperienza ma, in questo caso, non abbiamo possibilità di spegnere questo ronzio. Non ci saranno mestruazioni a dirci se la gravidanza c’è, non ci sarà l’esito delle analisi né la lettera del capo sul trasferimento. No, nulla di tutto ciò. Il timore Covid è per la vita. Allora eccoli eserciti di ipocondriaci (tra cui, paradossalmente, non troviamo quelli che comunemente erano definiti tali) che, telefono alla mano, obbligano il medico a caldeggiare una segnalazione che garantisca un “tampone”. Lui, il tampone, il sacro gral di tutti noi, ci garantisce non meno di 24 ore senza quel ronzio, quel sibilo irritante che poi, immancabile, puntuale, torna.

Sognare il covid

Insomma, non poteva non giungere in sogno sua maestà il Covid, del resto la “corona” ce l’ha. E qui sembra evidente che l’idea di contagiarsi e contagiare debba essere, se non ribaltata, almeno rivista, riletta o riconsiderata. Si perché un sogno non viene a trovarci per dirci cose ovvie e banali. A differenza della politica, la psiche, spende energie a dirci e comunicarci cose necessarie al nostro equilibrio d’anima. Quindi se sogniamo che siamo contagiati e che abbiamo timore di contagiare direi che questo è ciò che deve essere ritenuto auspicabile. Il covid nei sogni è, all’opposto del concretismo, un auspicio, è una prospettiva. Il contagiarsi e il contagiare è ciò che risulta salutare se avviene tra immagini oniriche. Questo perché, banalmente le mette in connessione tra loro, le immagini si contagiano… questa è la speranza di tutti i terapeuti contro le inflazioni e le dittature egoiche. Il contagio consente che tutto ciò che facciamo, diciamo e pensiamo assuma il carattere della completezza, ossia si ponga come esito di tutte le parti di noi, quelle parti che nel sogno diventano persone, parole, opere, oggetti, colori, odori ecc.

Covid e difese immunitarie

Insomma ci sembra poter dire che spesso l’evento infausto nel concretismo diventi una manna nel sogno. Ma andrei oltre. La cosa che mi ha colpito del Covid è quanto questo crei un cortocircuito con le difese immunitarie. Allora il contagio e la polmonite sono l’esito di un eccesso di difese immunitarie. Il corpo  si comporta come un disinfestatore che per eliminare le termiti usa una bomba che rade al suolo l’intera casa. Allora sognare di aver contratto il virus è un invito a registrare le nostre difese? Potrebbe essere un invito a difendersi oltre modo? Insomma sembra che contagiarsi  ci conduca a un eccesso di difese. Allora il sogno contiene un messaggio contraddittorio. Da una parte è l’invito alla mercurialità, alla coralità, al contagio e il contatto tra tutte le parti della nostra anima, dall’altra sembra l’invito a che ognuna di queste parti, e quindi la totalità di noi stessi, debba sviluppare un sistema di difese iperbolico.

Il sogno premonitore

Ma qui sta l’errore in chi legge o osserva i sogni come premonitori di ciò che è di la da venire. Il sogno, in vero, è un’istantanea della struttura psichica attuale e questo significa che siamo psichicamente “covidiani”, ossia il sogno del Covid ci dice che abbiamo contemporaneamente una pronunciata capacità di mettere in comunicazione le nostre emozioni e bisogni ma che lo avvertiamo come un rischio (paura di contagiare e contagiarsi) poiché in questa coralità esiste il rischio di un eccesso di difese. Insomma i pazienti ci dicono, si dicono di inseguire la propria totalità ma, nel coglierla c’è il rischio che possano scattare difese quasi marziali, fino al negare più estremo, quello che la politica ha ribattezzato negazionismo.

Scoprire chi si è fa paura

Ma la terapia è lo strumento per individuarsi. La stanza d’analisi è il luogo, prima fisico, poi psichico, in cui ci si pone allo specchio per conoscersi. E questo processo non è indolore, anzi. Questa è la prima questione con cui i pazienti fanno i conti, ossia che la terapia sostiene e allevia ma, quando diventa analisi, mette il dito nelle piaghe, nelle ferite, quelle da cui, come dalle feritoie, è possibile intravedere chi sono. Allora ecco che mi scopro incapace di fare il lavoro che voleva mio padre, oppure che la mia sessualità fa giri immensi in cui non pensavo di arrivare, o che non amo più la mia ragazza e che sento di doverla abbandonare, che sono un egoista opportunista che si maschera da altruista con la pretesa di ricevere ringraziamenti. Insomma, per dirla con Jung, l’incontro con l’ombra è possibile grazie al contagio psichico ma attiva un’impennata di difese. Che bello… anche la, a me, tanto odiata parola impennata usata per allarmarci, mi torna utile.

Conclusioni

Dunque per ora, e in assenza di altri elementi, il sogno di un contagio da Covid ci suggerisce che il paziente sta avviandosi a individuarsi trovando il coraggio di cogliere la parte più meschina di se. Se il processo è all’inizio si avrà la paura del contagio, se è avviato ci sarà anche quella di contagiare, se è inoltrato allora si sarà anche malati e infetti. Questo ci spingerà a difenderci ma questo va fatto in modo misurato.

Chiudendo tornerei a quel ronzio, a quel senso di preoccupazione diffusa e persistente che alberga in tutti noi oggi. Sembra che qualcosa di imminente debba accadere da un momento all’altro. Mi ricorda i “Langolieri” di Stephen King o i Tartari di Buzzati e ognuno di noi è lì, in attesa. Allora oggi viviamo e osserviamo il mondo come attraverso un vetro, come se frapposto tra noi e lui, il mondo, ci fosse un velo di tulle. Ecco questa condizione ci sta un po’ logorando, ci impedisce di far respirare le nostre ambizioni fino in fondo. Ma questa stessa condizione è anche quella che ci spinge a cercare al di la di ciò che è visibile ed evidente. Ci ritroviamo come schiavi Platoniani nella caverna a osservare ombre sapendo che c’è dell’altro… Questa è la spinta che conduce al conoscersi, una spinta presente in ogni paziente che inizia una terapia, ma che è presente in tutti i terapeuti fin dalla nascita. Questa spinta li ha condotti, i terapeuti, a scegliere la loro professione. Insomma sogni d’oro e sale in zucca a tutti e stay masked ma solo “fuori” dalla terapia.

P.S. CLICCA QUI per leggere Le mascherine in fase 4: come nasce un archetipo

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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