Introduzione (del lettore nel bosco dello Slender Man)
Immaginate di essere in un bosco con i vostri figli.
Terrorizzati vedete di fronte a voi, a qualche decina di metri, un “uomo” molto alto, sui tre metri. È talmente alto che da fermo è difficile distinguerlo dai tronchi degli alberi. Come un Man In Black è vestito in completo elegante nero. Ha gambe e braccia lunghissime. Le mani terminano in artigli. Non ha capelli, la testa è completamente bianca e non ha occhi, orecchie o bocca. Dalla sua schiena sembrano uscire molteplici tentacoli. I vostri figli di 6 e 12 anni si irrigidiscono, vi sussurrano terrorizzati che è lo Slender Man.
Subito si quietano, e, come fossero in trance, si incamminano a passo lento verso di lui ignorando le vostre urla.
Sulle tracce dello Slender Man
Lo Slender Man è il protagonista di centinaia di racconti dell’orrore nati su internet chiamati creepypasta.
Il personaggio è stato partorito nel 2009 dalla mente di Eric Knudsen allo scopo di partecipare a un concorso fotografico sul sito “Something Awful”. In quelle foto artefatte lo Slender Man compariva nei parchi giochi insieme a dei bambini. Da allora su di lui sono stati girati almeno una ventina di lungometraggi e cortometraggi horror.
Non mancano terrorizzanti riprese amatoriali che lo incrociano nei boschi o lo beccano in casa. Il fenomeno è divenuto talmente popolare che dalla narrativa si è traslato cupamente ai fatti di cronaca statunitense. Per tre volte negli ultimi sei anni ragazzini tra i 12 e i 14 anni hanno compiuto dei tentati omicidi a carico dei familiari o dei compagni di scuola raccontando poi di averlo fatto sotto il controllo dello Slender Man.
Funzione moralizzante dello Slender Man
La rapida ascesa della popolarità del personaggio segnala che abbiamo a che fare con un contenuto archetipico. Fiabe come Cappuccetto Rosso, Hansel e Gretel, Il Pifferaio Magico contemplano nella trama un cattivo che, come lo Slender Man, può rapire i bambini. Talvolta è un lupo, altre una strega o un musicista. Nelle narrazioni casalinghe del folklore occidentale troviamo il famoso Uomo Nero, anche detto in Italia il Baubau e negli Stati Uniti il Boogeyman.
Ninna nanna, ninna oh, questo bimbo a chi lo do? Lo darò alla Befana che lo tiene una settimana, lo darò all’Uomo Nero che lo tiene un anno intero…
I personaggi spaventosi di queste fiabe hanno un valore moralizzante sulla psiche del bambino. Funzionano pressappoco così: “se non impari a comportarti civilmente l’Uomo Nero ti porterà via”; “se non rimani sulla dritta via il lupo ti mangerà”.
A un primo sguardo sembrano promuovere l’interiorizzazione della funzione genitoriale. Quello che Freud chiamò Super-Io corrisponde a un’istanza che regolamenta cosa dire o non dire, cosa fare o non fare, cosa desiderare o non desiderare. In questo senso lo Slender Man e l’Uomo Nero sono dei fantocci che moralizzano la psicologia dei bambini affinché non escano fuori dal sentiero, non si avventurino nella foresta o non facciano pipì fuori dal vasetto. Lo Slender Man potrebbe rappresentare l’aspetto angoscioso delle costrizioni morali, il che spiegherebbe perché è vestito con un completo da burocrate.
Eppure i bambini desiderano vedere il mostro, anche se fa paura, anche se può ucciderli. Di sicuro non rimangono sul sentiero segnato dai genitori.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita (Dante, Divina Commedia).
La funzione moralizzante cede dunque il passo a qualcos’altro di desiderato. La psiche desidera ciò che l’angoscia e bisogna intraprendere il cammino, seppur con terrore.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura! (Dante, Divina Commedia).
Papà Gambalunga
Osserviamo ancora lo Slender Man: altissimo, braccia e gambe lunghissime, è una presenza sovrannaturale, esercita controllo mentale. Queste sono le caratteristiche che si potrebbero osservare se guardassimo dal punto di vista del bambino alla figura genitoriale. Si potrebbe sentire provenire da lì il potere sulla vita e sulla propria mente. Lo Slender Man sembra paradossalmente avere delle caratteristiche genitoriali.
Ricordate la serie animata “Papà Gambalunga”? Nella serie la ragazzina Judy è orfana. Di lei si prende economicamente cura un misterioso benefattore di cui non vede mai il volto. Sull’identità di quello che vede come un padre Judy non sa nulla. Ha solo una fotografia dell’ombra delle sue lunghe gambe proiettata su una parete dai fari di un’automobile. La fisionomia dell’ombra e le fantasie che Judy fa sul tutore ricordano per analogia lo Slender Man.
Papà Gambalunga è la traduzione italiana di Daddy Long Legs che è un soprannome affibbiato dagli anglofoni ai ragni dalle gambe particolarmente lunghe e sottili. Nella serie animata “Papà Gambalunga” ritroviamo gli aspetti di mistero e di potere attribuiti allo Slender Man proiettati sul tutore sconosciuto di Judy. Ritroviamo anche gli aspetti terrificanti nell’associazione tra il nome del tutore e il soprannome del ragno.
Le long legs del ragno sono analoghe agli arti del Papà Gambalunga e ai tentacoli dello Slender Man. Il ragno intrappola l’individuo svolazzante alla sua trama. Fissarsi alla ragnatela rappresenta la prima contrazione delle infinite possibilità della fanciullezza. “Forse l’astronauta non posso farlo” è l’amara constatazione del giovane che ha toccato con orrore la ragnatela delle sue capacità psicologiche.
Prima di essere rapiti dal mostro si ritiene di poter diventare chi si desidera. Il rapimento da parte dello Slender Man fissa la leggiadra psiche infantile alla sua trama e questa deflazione delle possibilità viene vissuta come terrorizzante. Ne è un esempio illustre il mito greco che vede la giovane Kore rapita violentemente da Ade che ne fa la sua sposa e la regina degli inferi, Persefone.
Conclusioni
Le storie che contemplano morte e terrore hanno lo scopo di iniziare la Psiche alla sua trama individuale, separata da quella dei genitori.
I genitori che nelle fiabe suggeriscono di rimanere sul tracciato e di non deviare dal sentiero concordato implicano la morte psicologica del bambino che non avvierebbe mai la sua trama personale se non fosse attratto dal mistero. Lo Slender Man si configura allora come una forza sconosciuta che attrae lontano dal sentiero battuto dai genitori.
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai (Dante, Divina Commedia)
Jung parlava del motivo archetipico del doppio genitore. Oltre al genitore biologico se ne configura uno psicologico nelle forme di balena, albero, foresta, animale guida in cui l’individuo deve perdersi, congiungersi, morire e rinascere in forma rinnovata con il proprio destino sulle spalle.
Il motivo del doppio genitore lo troviamo anche nella mitologia di Cristo dove Gesù sceglie di obbedire al suo ben più importante e terrificante padre Dio e non al benevolo Giuseppe. La psicologia individuale non obbedisce al padre reale o alla madre reale, ma obbedisce allo Slender Man psicologico. È lui che infligge le ferite su cui poi si costruirà la trama identitaria.
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