San Valentino, morte, amore e psicologia
Il 14 febbraio si festeggia San Valentino, la festa degli innamorati, così ho colto l’occasione per approfondire l’amore e l’iconografia del santo.
Nel titolo di questo articolo ho scritto che la morte è necessaria per amare.
Cosa significa di preciso? Per capirlo partiamo da storie, leggende e miti concernenti San Valentino.
San Valentino. Tra storia e leggenda
San Valentino non è il santo ufficiale del 14 febbraio, ma sicuramente è il santo commerciale.
Infatti, dopo la riforma del 1970, San Valentino è stato cancellato dal calendario della Chiesa. Tuttavia la cancellazione non ha avuto effetto e oggi continuiamo a festeggiare il 14 Febbraio come la festa degli innamorati.
La mia parte romantica dice: “L’amore vince su tutto“.
Mentre la parte cinica mi suggerisce: “I soldi vincono su tutto“.
Comunque sia, non posso ignorare la rilevanza psicologica di questo evento, e non posso liquidarlo con due affermazioni “facili”. Bensì devo farne una lettura in trasparenza, come suggerisce James Hillman, padre della psicologia archetipica.
Storicamente San Valentino è stato vescovo e patrono di Terni, era considerato un grande guaritore ed aveva doti taumaturgiche. Nel 273 fu decapitato a Roma durante la persecuzione di Aureliano.
Legato al 14 febbraio c’è anche un altro Valentino, non un santo, ma un benefattore della Chiesa. Anche lui fu decapitato da Claudio il Gotico sulla via Flaminia [A. Cattabiani, Calendario, p.135].
In seguito, tra il V e il VI secolo, le due figure si con-fusero, creando così un’unica rappresentazione del santo.
Entrambi i Valentino erano accomunati dalla stessa particolare morte: la decapitazione.
E gli innamorati dove sono?
Come avrai notato, nel breve racconto che ti ho mostrato sulla storia di San Valentino, non esistono innamorati. Tuttavia dove non arriva la storia, arriva la leggenda.
Come si è legata dunque la figura di Valentino alla festa degli innamorati?
Fu una coincidenza secondo Alfredo Cattabiani.
Nel Tardo Medioevo, quando il 14 febbraio corrispondeva in realtà alla fine del mese a causa del calendario Giuliano, in anticipo rispetto all’anno solare di circa undici giorni, nacquero alcuni proverbi ad annunziare l’ormai prossima primavera. La temperatura si intiepidiva, gli uccellini cominciavano a cantare sugli alberi e ad accoppiarsi: sicché nacque il proverbio “Per San Valentin la lodola fa il nidin” e “Per San Valentino la primavera sta vicino“. E siccome nei luoghi più riparati dalla tramontana già fiorivano le siepi, si coniò anche il proverbio: “Per San Valentino fiorisce lo spino“. Agli amori degli uccellini si ispirò anche il proverbio “A San Valentino ogni valentino sceglie la sua valentina” e insieme con essa la festa dei fidanzati i quali in Inghilterra, fino dal XV secolo, cominciarono a scambiarsi bigliettini teneramente scherzosi.
Più tardi, per giustificare il patronato, si idearono delle leggendine zuccherose. [A. Cattabiani, Calendario, p.136]
Le leggende postume, di diversa origine, lo ritraggono sempre in relazione a coppie di amanti, vedendolo protagonista della loro “fortuna”.
Alcuni tentano di collegare questa festività anche ai Lupercali pagani che venivano festeggiati il 15 febbraio.
I lupercali erano giorni dedicati ai morti e alla purificazione, dove i luperci (i lupacchiotti) compivano dei riti in onore di Romolo, Remo e la lupa che li allattò.
Eros e Thanatos
San Valentino, oltre ad essere legato all’eros e ad una forza taumaturgica, è legato in modo preponderante anche alle dinamiche di morte. Come hai appena letto, infatti, le due figure di riferimento muoiono per decapitazione e i lupercali sono feste dedicate ai morti. Inoltre è il 1970 quando San Valentino muore per il calendario ecclesiastico.
Per quale motivo l’amore è in stretta connessione con la morte?
Sorge spontaneo ricordare il classico rapporto psicoanalitico che intercorre tra Eros e Thanatos.
Amore e morte hanno sempre viaggiato sullo stesso binario. L’ufficializzazione del loro “matrimonio” avvenne nel 1920 con l’uscita di Al di là del principio di piacere di Sigmund Freud.
Soprattutto per quanto riguarda il principio di morte Freud ringrazia, con una citazione nel libro, Sabina Spielrein.
È nel 1912 che Sabina parla per la prima volta di “istinto di morte” nello Jahrbuch [S. Spielrein, «Die Destruktion als Ursache des Werdens», Jahrbuch fur psychoanalytische und psychopathologische Forschunqen, vol. IV, LeipzigWien 1912]. Lavoro che fu presentato già un anno prima, nel 1911 durante i famosi mercoledì psicoanalitici [Fiorella Bassan, Sabina Spielrein e la pulsione di morte, Rivista di psicologia analitica, Connessioni]
L’idea generale è comunque quella proposta da Empedocle di Agrigento, ovvero di due forze, Amore e Odio [Distruzione], che agiscono entrambe contemporaneamente e interscambiabilmente come forze creatrici e distruttrici.
Cosa muore in amore?
Sembra proprio che nella storia e nella leggenda di San Valentino la morte sia propedeutica all’amore. A supportare la mia idea, oltre che la storia, i miti e la psicoanalisi, c’è anche la poesia.
Giacomo Leopardi scrisse la bellissima poesia Amore e morte che comincia così:
Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte
ingenerò la sorte.
Cose quaggiù sì belle
altre il mondo non ha, non han le stelle.
Giacomo Leopardi riesce a guardare in trasparenza amore e morte, senza pregiudizi o giudizi morali, senza coinvolgerli nella dinamica bene-male. Morte e Amore sono semplicemente le cose più belle che ha la terra.
La morte per Leopardi è una bellissima fanciulla che gode il fanciullo amore accompagnar sovente. Secondo il poeta di Recanati, non c’è essere umano che non voglia lottare per amore.
A questo punto, ecco che entra in scena la morte come dinamica propedeutica all’amore.
Ogni amore necessita di una lotta. Etologicamente gli animali lottano per amore, e anche gli uomini. Ma non intendo la lotta fisica, bensì quella psicologica che ogni amore sottende.
Quando novellamente
nasce nel cor profondo
un amoroso affetto,
languido e stanco insiem con esso in petto
un desiderio di morir si sente:
come, non so: ma tale
d’amor vero e possente è il primo effetto.
Giacomo ci suggerisce, poeticamente, che in ogni momento nel quale l’amore inizia a farsi strada tra i cuori di due amanti è il desiderio di morir che si sente.
Cosa muore esattamente in amore?
Per innamorarsi bisogna morire, questo è ciò che ci insegna il giorno di San Valentino.
Nel momento in cui ci innamoriamo, San Valentino viene cancellato dal calendario e avviene una decapitazione interiore. A livello simbolico l’emozione prende il posto della razionalità della testa.
Morire serve per far spazio all’altro.
Ci innamoriamo quando una parte di noi muore. Senza questa morte non possiamo accogliere l’altro e non possiamo innamorarci.
In alcuni momenti della nostra vita ci chiediamo perché non arriva l’amore? Non arriva perché non c’è spazio sufficiente dentro di noi. Amare è morire. La morte crea lo spazio necessario. Il fuoco della passione che porta l’amore è il fuoco che ci brucia, che brucia parti di noi destinate alla morte.
La morte che avviene prima dell’amore è una morte dolorosa, fatta di ricerca e di rinunce a parti di sé.
Quando entriamo in relazione con qualcun’altro non possiamo essere ciò che siamo stati prima, perché ciò che siamo stati prima viveva in solitudine. Serve quindi un nuovo “Io” che può essere creato solo attraverso la morte del vecchio “Io”.
Ci innamoriamo perché le immagini psichiche dell’amore ci attraversano e scendono in campo distruggendo parti di noi obsolete.
Per far posto all’amore dobbiamo essere pronti a morire.
.
Credo che i fatti che si verificano sempre più spesso indicano che nell’Amore l’altro deve essere un possesso più che un’identità, un oggetto più che una libertà. E forse questo è dovuto proprio al fatto che è difficile far morire il proprio Io per far posto all’Altro e all’Amore vero. Che è donare senza riserve, presupponendo il bene dell’Altro ogni giorno. L’egoismo spinge a ignorare i bisogni dell’altro, per questo è sempre più difficile Saper Amare.
Buona sera molto bello l’articolo anche in merito alla storia legata a questo Santo.
Ahimè non sono molto d’accordo con quanto detto…cito:
Quando entriamo in relazione con qualcun’altro non possiamo essere ciò che siamo stati prima, perché ciò che siamo stati prima viveva in solitudine. Serve quindi un nuovo “Io” che può essere creato solo attraverso la morte del vecchio “Io”.
Pensare che io debba venire meno alla mia integrità per un altro…mi fa paura.
Aperta invece al discorso che incontrando un Altro troviamo modo di relazionarci e trovare un nostro equilibrio, non cambiandoci ma evolvendo.
Così mi vede ancora protagonista del mio essere e non in balia dell’altro.
Ti capisco Maria Luisa, effettivamente è qualcosa di pauroso. Però “l’individuazione” come ci suggeriscono Guggenbuhl-Craig, Jung e altri, passa anche attraverso la perdita dell’integrità dell’Io. Grazie per i complimenti!
Gran bell articolo.
grazie
Buona morte a tutti
Pensieri influenzati dal cristianesimo, dove l’amore si affratella ad una perdita, ad un lutto, al dolore. Vedo il profilo di Maria Vergine tra le righe di questo scritto, vedo la passione cristiana e il senso di una eterea redenzione in quel ‘morire’.
Quale scandalo scoprire che l’intendimento dell’amore è di là da venire, quale scandalo scoprire che l’amore potrebbe godere della gioia dove alcun lutto si ha da provare. Ciò è scandaloso per alcune persone. E ancor più scandaloso è scoprire che nessuno ha da redimere alcunché.
Il dualismo amore – morte è tanto seducente quanto vuoto: lo si può riempire con l’infinito dialettico e ancora si gode nel farlo. Chissà, forse si ragiona per bianco – nero, vuoto – pieno, alto – basso perché due sono gli emisferi cerebrali. Esorto allora a stimolare la crescita di molteplici cerebri così da comprendere quali risvolti senza fine abbia l’amore – e ancora si mancherebbe il bersaglio.
Si metta in conto l’eterno inconoscibile. E forse ci si compenetrerà di un passo nella realtà. Ma è dura nel tempo dell’immagine definita e del canon – del metro: ogni cosa si ha da misurare. Così l’amore. Ah!
Davide, grazie del commento ma mi risulta difficile collegare quanto scritto al Cristianesimo visto che Eros e Thanatos non rappresenta un dualismo ma soprattutto NON è un concetto cristiano ma PAGANO e mitologico. Concordo con te sul fatto di andare oltre i dualismi, tuttavia il pensiero dualistico l’hai fatto esclusivamente tu 🙂
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Noto, anche dalle risposte, la paura della morte del vecchio “io” … forse questo può significare paura di innamorarsi, di farci travolgere dalle immagini dell’amore? Se non permettiamo di morire al vecchio “io”, penso che non proviamo l’innamoramento. Continueremo ad opporci ad una forza travolgente che ci porta al cambiamento. L’opporsi per me è rimanere sterili, chiudere le emozioni in una stanza invece di essere attenti alla loro esistenza e viverle senza ossessione.
Grazie, un articolo molto bello che genera tantissime riflessioni, la mantide guarda caso detta religiosa dopo essersi accoppiata allo scopo di dar vita, uccide e si nutre del maschio, quindi il tema ritorna: uccidere, cibarsi della morte per far nascere e crescere in un continum ripetersi
Io credo in questa massima “innamorati di te e poi di chi vuoi” che per me presuppone una profonda conoscenza di chi eri, di chi sei e di cosa vuoi diventare, naturalmente concordo con il fatto che sicuramente dovrai x crescere in una maggiore consapevolezza abbandonare chi eri…la trasformazione di sé presuppone la morte del vecchio sé per dar spazio al nuovo sé… più vero…o solo forse dimenticato.
E solo dopo, che si comprende che l’amore non si vive più come un bisogno x completare ciò che tu sei, perché tu sei già completo così, solo allora, si può donare veramente se stessi e essere pronto a ricevere amore…capire il vero senso della relazioni interpersonali non solo nell’ambito di una coppia ma con chiunque si entri in dialogo e conoscenza vera.
Non conoscevo la storia e le leggende associate a questo giorno, grazie, molto belle😊
Buon San Valentino…per tutto l’anno o meglio per tutta la vita direi ❤️