Resilienza e giochi perduti
Ricordo di quando ero bambino e di un giorno nel quale, mentre mia madre parlava al telefono, io giocavo con una miniatura. All’improvviso questo gioco mi scivolò dalle mani, cadde e si ruppe. Disperato mi avvicinai, ma mi accorsi, con meraviglia, che quella apparente rottura mi aveva dato accesso ad una nuova funzionalità del gioco. Il gioco si era “aperto” e aveva mostrato una nuova parte di sé. Si era rinnovato grazie alla rottura.
Né io, né il mio gioco eravamo stati resilienti, tuttavia era avvenuto qualcosa di magico.
Resilienza Definizione e “Super-errori”
Il termine resilienza deve la sua origine al mondo metallurgico e in particolare alla “qualità” di un metallo di resistere alla forze applicate. Il mio gioco, di certo, se fosse stato resiliente, non avrebbe mai mostrato ciò che aveva dentro.
Parlando di sinonimi e contrari, la resilienza è l’opposto del termine fragilità. Viviamo nell’epoca degli eroi e dei supereroi, un’epoca mitologica di rinnovamento nella quale abbiamo bisogno dell’archetipo eroico della vita, e credo che la resilienza sia un sintomo di questo archetipo.
Per essere resilienti bisogna: sopportare i dolori senza lamentarsi e senza disperarsi; essere coraggiosi e consapevoli; amare la vita e non temere la morte; essere controllanti e impegnati. In sintesi bisogna comportarsi come Ironman e compagni.
Quando gioco con mio nipote di tre anni, scherzosamente chiamo gli eroi “errori” e i supereroi, i “super-errori“. Lui mi guarda un po’ perplesso, ma mi ignora. L’archetipo è troppo forte in questo momento per essere messo in discussione.
La resilienza può trasformarsi facilmente da supereroe a “super-errore”. Una sorta di lotta alla fragilità che, però, non è una debolezza ma una raffinatezza [dal film Into the wild]. Solo i più forti sanno mostrare le proprie fragilità.
Sembra che dobbiamo essere resilienti per vivere bene, dobbiamo essere come gli Avengers della Marvel. Non c’è spazio per le fragilità. [Tuttavia, se seguite gli episodi della saga eroistica, vedrete che le cose cambieranno. Anche gli eroi dovranno smettere di essere resilienti, come è accaduto anche nell’ultimo episodio dell’universo cinematografico Marvel CLICCA QUI per leggere la psico-recensione dell’ultimo episodio degli Avengers: Infinity war].
Resilienza Etimologia: il mito del “tornare com’ero prima“.
Etimologicamente il termine resilienza affonda le sue radici nel latino resilire che significa saltare indietro, rimbalzare, ritornare di colpo.
Da quando studio e ricerco la psicologia, mi sono spesso imbattuto nel concetto di resilienza, e ho avuto sempre la sensazione che questo concetto fosse più una moda, un movimento collettivo, che una funzione psicologica.
Il significato etimologico di resilienza mi fa venire in mente in primis il mito del “dottore voglio tornare come prima, non voglio cedere, non posso morire”, un rimbalzare di fronte agli eventi della vita, come se non ci toccassero e come se non ci modificassero. Tutt’al più la modifica di questa “mitologia” è una modifica “positiva” che non contempla la distruzione, la nigredo e l’ombra.
Spesso la nostra fantasia è quella di poter essere come una volta, di tornare com’eravamo prima che accadesse un fatto doloroso, oppure quella di uscirne splendidi e immacolati, più forti di prima.
Purtroppo sono latore di cattive notizie: non è possibile.
Anzi, direi che spesso, ma non sempre, il saltare indietro verso il come si era prima è un dispendio di energie logorante e irraggiungibile, che procura solo danno per l’hic et nunc e per la psiche.
Noi dobbiamo essere disposti a lasciar andare la vita che abbiamo pianificato, in modo da vivere la vita che ci sta aspettando. [Joseph Campbell]
Resistere Sinonimi e Contrari
Il resistere non può e non deve essere sempre inteso come una qualità. A volte, per far fronte ad un evento importante della vita, dobbiamo necessariamente cedere.
Ecco un piccolo gioco linguistico: per immaginare meglio la parola resilienza scriverò i sinonimi e i contrari della parola resistere.
Sinonimi di Resistere: opporsi, difendersi, contrastare, ostacolare, reagire, lottare, combattere, sopportare.
Contrari di Resistere: abbandonare, cedere, ritirarsi, desistere.
Essere resilienti significa comportarsi in modo oppositivo, difensivo, ostacolante, reazionario, etc… Ovviamente è chiaro che a volte bisogna lottare, sopportare e combattere, altre volte invece bisogna abbandonare, abbandonarsi, cedere, ritirarsi o desistere.
Immagino ad esempio una tipica discussione di coppia nella quale entrambi si pongono in maniera resiliente. Sarebbe una lotta infinita che finirebbe per logorare e distruggere la coppia, oppure far continuare la coppia a sopravvivere nonostante tutto. Ad un certo punto uno dei due partners deve abbandonare, cedere o ritirarsi, ovvero deve smettere di essere resiliente.
Capita che dobbiamo abbandonare una situazione dolorosa che non può essere cambiata, come ad esempio un rapporto nocivo con il partner.
Le foglie ci insegnano a non rimanere attaccati fino allo stremo delle nostre forze a situazioni dolorose o, allo stesso modo, a quelle piacevoli. Da esse possiamo imparare a lasciarci andare cullati dal vento, dolcemente in caduta. [Michele Mezzanotte, alles ist Blatt, in Foglie]
Resilienza Significato
Il termine Resiliente è esso stesso resiliente, e resiste ai miei attacchi.
Boris Cyrulnik afferma che è possibile concepire la resilienza come una funzione psichica che ci permette di resistere ai traumi, coniugando in sé aspetti istintivi, cognitivi ed emotivi. Quindi la persona è da considerare resiliente quando “integra” lo sviluppo cognitivo a quello affettivo.
Alcune definizioni si concentrano sulla resilienza non tanto come resistenza, ma come un “capire” ciò che sta accadendo per riformulare la propria struttura psichica, una sorta di reazione positiva ad un trauma.
Sappiamo che il “capire” non è l’unica funzione psichica esistente per superare problemi, e sappiamo ormai, grazie al lavoro di Sigmund Freud, che lo ha sperimentato sulla propria pelle, che non è sufficiente “capire” per cambiare psicologicamente. Con il “capire” servono il sentire, l’immaginare, il re-immaginare e il fare, ma a volte anche il non fare niente.
Io non credo che le persone cerchino dei significati nella vita più di quanto cerchino l’esperienza di essere vive. [Joseph Campbell]
Boris dice che la persona è resiliente quando integra lo sviluppo cognitivo e quello affettivo. La psicologia junghiana ha parlato molto dell’integrazione, e mi ha sempre affascinato il paradosso di questa dinamica.
Anni fa scrivevo riguardo l’integrazione: Un altro termine che si sente spesso in psicologia che riguarda l’ombra, e il lavoro che si intende fare con essa, è integrazione. Il termine integrazione in psicologia dovrebbe avere un significato simile a rendere integro. Tuttavia se andiamo a vedere l’etimologia del termine, ci accorgiamo che in realtà questo termine sta per non-toccare. Quindi le proclamazioni psicologiche di integrazioni di parti lese, o oscure, stanno a rafforzare le difese contro quelle parti; il linguaggio dell’anima ci suggerisce: non le toccare! [M.Mezzanotte, Oniroporeia, Minotauro, 2013]
L’integrazione sembra nuovamente una difesa che allontana il vissuto, più che avvicinarlo, oppure lo tiene confinato dentro. La resilienza collude con l’integrazione. Inoltre l’integrazione è una dinamica psichicamente razzista.
Anche nelle scuole il termine integrazione è stato sostituito dal termine inclusione. Quindi, paragonando una classe scolastica a Psiche, integrare è prendere con sé un fatto psichico ben individuato, ben compreso, lasciandolo però escluso ed isolato dentro se stessa.
Dopo aver integrato una difficoltà, un fatto psichico doloroso dovremmo chiederci: adesso che ho capito ed ho resistito alla sofferenza del mio trauma, cosa me ne faccio di questa integrazione che sta ferma lì, come una massa ben identificata, ma avulsa dal tutto? Posso tornare ad essere ciò che ero prima?
Conclusioni
Non tutti dobbiamo essere resilienti, non sempre bisogna essere resilienti.
La resilienza non da spazio ad aperture. Non ci permette di concederci al mondo, ma solo di resistergli o di capirlo.
A volte, tuttavia non dobbiamo resistere, non bisogna tornare indietro, alcune difficoltà necessitano l’abbandono e l’abbandonarsi, altre volte bisogna essere fragili e incoerenti.
Emblematico è il titolo del libro di Enzo Trabucchi in cui si elogia la resilienza: Perseverare è umano, ma non è un caso che il detto dica che errare è umano, perseverare è diabolico.
Non dobbiamo capire sempre tutto, a volte la vita si presenta irrazionale e va accolta con irrazionalità.
Non dobbiamo integrare ogni cosa infatti abbiamo visto che, spesso, integrazione non vuol dire ampliamento ma difesa.
La psiche è materia viva e va vissuta.
Sembra che resilienza più che un modo di vivere sia un modo di non-vivere, di difendersi dalle asperità della vita. Siamo 7 miliardi di persone sul pianeta, e ci sono altrettanti modi di reagire o non reagire alle difficoltà. Ognuno di noi rappresenta un modo di vivere e un modo di affrontare la vita. La resilienza è solo uno dei tanti, probabilmente la moda del momento. Un tentativo maldestro di globalizzare una modalità di reagire ad ogni costo alla sofferenza.
La psicologia, tuttavia, non insegna a seguire la moda del momento, ma a cercare il proprio ed unico modo di affrontare la vita.
Resilienza? No, grazie [oppure non sempre, grazie].
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Grazie mile!!
Amo questa rivista!
Finalmente qualcuno che non inneggia la resilienza come qualcosa di positivo. È da anni che lo sono, e questa mi ha distrutto!!! Ed ora non ho il coraggio di abbandonarmi. Troppe abitudini radicate nella donna “forte nelle avversità”.
Grazie Roberta. La tua esperienza è preziosa, oltre che consapevole.
5
Bellissima riflessione,grazie.
Mi ricorda i quadri in cui si raffigura “Noli me tangere” del Cristo appena risorto, che si incontra con Santa Maria Maddalena, futura Apostola degli Apostoli.
Amo molto queste raffigurazioni e mi piacerebbe approfondirne la conoscenza dei simboli, dei colori e delle geometri ivi nascoste dai vari autori dei secoli passati.
Forse c’è incluso anche questo messaggio archetipico. Una volta che l’Uomo riuscisse ad integrare totalmente il Sè, le sue parti oscure, rappresentate dalla donna convertita, non devono più toccarlo?
Condivido volentieri questa riflessione:
https://saltinmenteblog.com/2020/06/04/capire-o-sentire-che-fare-se-il-cervello-ci-manda-fuori-strada/
Mi sembra pertinente ed interessante.
Sono pienamente d’accordo che non serva capire tutto, anche se capire ci è (pare) necessario, ma forse non sufficiente.
Grazie
Articolo davvero molto interessante…. finalmente un altro punto di vista!!!
Ho trovato solo ora questo articolo, molto interessante, sostiene tesi condivisibili. Ritengo che abbia anche toccato uno dei temi con implicazioni socialmente più forti, ovvero la resilienza come elemento reazionario. La resilienza dei popoli, delle minoranze, di chi subisce soprusi, sembra voler sostituire il diritto alla rottura, alla ribellione, alla contrapposizione. Complimenti.
Davvero interessante. Un punto di vista non comune, in questo mondo “globale” dove tutti usano ed abusano questo termine. Dove non c’è spazio per le fragilità, per tirarle fuori, per parlarne…ma semmai solo per gli eccessi.
C’è bisogno di riscoprire se stessi con le proprie resistenze e fragilità, tornare a parlare e a condividere, ma nel tempo dei Social questo spazio, per assurdo, ci é stato tolto ed é stato tolto soprattutto ai giovani…
Complimenti Michele per quello che hai condiviso