Viva i coriandoli di Carnevale,
bombe di carta che non fan male!
Van per le strade in gaia compagnia
i guerrieri dell’allegria:
si sparano in faccia risate
scacciapensieri,
si fanno prigionieri
con le stelle filanti colorate. (Gianni Rodari)
Il carnevale è una festa a cui ognuno di noi accompagna un ricordo. Molti ricordano i costumi che hanno indossato da bambini. Molti usano l’occasione del carnevale per mascherarsi e concedersi momenti di divertimento.
Un’occasione per portare il mondo a testa in giù, un mondo all’incontrario. È una festa per adulti e per bambini, per giovani e meno giovani. Sembra quasi scontato considerare il carnevale come un’occasione dalle forti connotazioni psicologiche. È una ricorrenza fatta di maschere, di caos, di sovvertimento dell’ordine.
Un’occasione dal forte profumo d’infanzia, ma con radici psicologiche profonde. Per scoprirle ci faremo accompagnare da Picasso e da un suo olio su tela molto particolare: Paulo vestito da Arlecchino. In queste righe proveremo a gettare un po’ di luce sul significato che ognuno di noi può associare all’idea di carnevale. E tu che ne pensi di questo giorno all’incontrario?
Il carnevale di Picasso
Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.
(William Shakespeare, Il mercante di Venezia)
Prestate un pizzico della vostra attenzione al quadro di Picasso. Raffigura suo figlio, vestito da Arlecchino, appoggiato su una poltrona. Ma la poltrona è apparentemente poggiata nel vuoto. E come se non bastasse, ai piedi del quadro ci sono delle correzioni a matita, come se il quadro fosse in contemporanea un olio su tela e uno schizzo. Già in questi semplici elementi possiamo trovare il senso psicologico variegato del carnevale.
Una festa che si pensava fosse dedicata ai bambini. Per loro si pensavano sfilate di carri allegorici, maschere più o meno classiche, coriandoli, bombolette di stelle filanti. Si pensava che nel giorno di carnevale si potesse regalare uno spazio delimitato e comodo (come la poltrona di Picasso) alla spensieratezza dei più piccoli. Con le loro maschere, avrebbero così avuto l’opportunità di vestire i panni dei loro personaggi preferiti, o, per meglio dire, delle loro caratteristiche portanti.
Peccato però che tutto questo sia una finzione, ovvero una costruzione poggiata nel vuoto, come la poltrona di Picasso. E, come in Paulo vestito da Arlecchino, i desideri di proiettati nelle maschere sono uno schizzo, una scelta momentanea di una caratteristica specifica o di un personaggio da imitare. Una scelta che rimane nell’hic et nunc dell’occasione del travestimento. Una scelta che non è in grado di mutare nulla di noi, ma che può restare racchiusa in un sogno.
Se guardiamo, poi, il volto del protagonista del quadro – il figlio di Picasso – possiamo scoprire un’espressione che sembra stonare con l’allegria dirompente che ci aspettiamo nel carnevale. E anche qui abbiamo un ottimo spunto di riflessione.
Che cos’è il carnevale
La rinascita, nelle sue varie forme di reincarnazione, resurrezione e trasformazione, è un’affermazione che deve essere contata tra le prime affermazioni dell’uomo. (Carl Gustav Jung)
Il carnevale (da “carne levare”, eliminare la carne) per come lo conosciamo è una festa tipica della tradizione cristiana. Coincide con l’ultimo giorno prima della Quaresima. Segna l’inizio di un teorico periodo di rinnovamento, di rinascita.
Tuttavia, le origini di questa ricorrenza vanno cercate prima della nascita di Cristo. Il carnevale ha caratteristiche molto simili alle festività greche dionisiache e a quelle romane saturnali. Entrambe costituivano momenti in cui venivano annullati momentaneamente gli obblighi sociali. Le gerarchie venivano rovesciate. Il mondo, per un brevissimo periodo, sembrava porsi a testa in giù.
Troppe volte ci sentiamo imprigionati nelle consuetudini della quotidianità. Nella nostra routine siamo inseriti in sistemi che molto spesso prevedono una gerarchia. Paghiamo le tasse, facciamo file alle casse, in banca, alle poste. Rispettiamo orari e codici di comportamento. Il carnevale nasce per liberarci magicamente per qualche ora. Sovverte l’ordine prestabilito delle cose.
Immaginate se realmente un giorno all’anno fosse possibile liberarsi da tutto ciò che ci appesantisce. Immaginate che, una volta l’anno, sia possibile lasciare libero e senza freni il vostro puer interiore, senza dover temere il giudizio di chi ci circonda. Un giorno in cui a tutti noi è concesso far esprimere la nostra anima da bambini, senza gli impegni dell’essere adulti. Il carnevale era nato per rappresentare esattamente questo. E le maschere avevano la funzione di coprire l’identità reale. L’immaginario giocava una partita che avrebbe potuto vincere a mani basse. L’immaginario nel giorno di carnevale aveva il diritto di prendere possesso del mondo reificato.
Il mondo delle maschere
L’uomo è meno sé stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.
(Oscar Wilde)
Il carnevale racchiude un grande rischio. Già, perché se l’immaginario rompe gli argini rischia di causare le stesse conseguenze dei fiumi sommersi dal cemento. Molto spesso nascondiamo parti di noi sotto talmente tante barriere da avere lo stesso peso di enormi gittate di cemento. La forza della nostra Ombra è in grado di travolgere qualsiasi argine. E se intorno e sopra e al fianco dei nostri argini abbiamo costruito strutture fragili, l’inondazione può diventare devastante.
Molti hanno la sensazione di vivere in un’epoca in cui le maschere hanno preso il sopravvento sul carnevale. Ci vediamo circondati da identità nascoste. Ci sentiamo circondati da maschere e non da persone. In una situazione simile, il carnevale perde la sua funzione di rinascita e di evasione. Diventa un modo per sottolineare le ipocrisie del nostro quotidiano. Una cassa di risonanza per situazioni e vissuti che ci appesantiscono quotidianamente.
Il carnevale nasce come festa di confine, il confine fra il caos e l’ordine, due diverse e complementari forme di energia psicologica. Caos e ordine non possono vivere se non a contatto l’uno dell’altro. Ecco perché il carnevale era accettato e incentivato anche in secoli oscuri come il Medioevo. Ecco perché oggi più che mai ognuno di noi avrebbe bisogno di vivere il suo carnevale. Un carnevale di rinascita e di consapevolezza, non dell’ipocrisia della maschera quotidiana.
Conclusioni
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l’arte di esistere.
(Giorgio Caproni)
Tutti noi conviviamo con il nostro puer aeternus. Per tante ragioni confiniamo la sua energia. La chiudiamo in un recinto e ogni tanto gli permettiamo di sciogliersi le gambe.
Il nostro puer ha un’energia che troppo spesso ci fa paura. Anche se ci sono delle ricorrenze che dovrebbero garantire a tutti l’opportunità di tornare bambini, “senza correre rischi”. E seppure le maschere circondano la nostra vita, ci viene data un’occasione per scegliere la nostra maschera del divertimento.
La maschera con cui sbeffeggiare l’ipocrisia che ci circonda. La maschera per ridere in faccia al caos e all’ordine che sembrano spadroneggiare nella nostra esistenza.
La vera bellezza di un carnevale psicologico risiede esattamente in questo: scegliere la maschera, l’eroe o la caratteristica di cui vestirci e con cui vivere e sfidare l’ossimoro armonioso di un ordinato caos.
P.S. CLICCA QUI per leggere La maschera necessaria. Chi siamo veramente?