Il luogo comune è uno spazio psichico condiviso e noto a chi lo frequenta
È un luogo nel quale ci si può incontrare attraverso la condivisione di un’idea famigliare a tutte le parti in causa.
Attraverso questo riconoscimento si ottiene la conferma che gli interlocutori sono simili e questo rende possibile lo scambio ulteriore d’idee. Si abbassa infatti il grado di sospetto e di timore che si riserva in colui che non si conosce.
Le persone sconosciute sono infatti più facili a raccogliere le nostre proiezioni ed in base a come si presentano possono suscitare timori, curiosità, attrazione, paura.
Senza luoghi comuni non potremmo stabilire un contatto con l’altro dal momento che non potremmo arrivare a capirci.
L’esempio più lampante di tutto ciò lo troviamo nella logica stessa del social network, una piazza virtuale in cui ci si dovrebbe conoscere coltivando rapporti.
Un social è la forma più elementare e semplice di psicologia dei luoghi comuni.
Come funziona un post?
Studiando con attenzione i tipi di post pubblicati ne troveremo due tipi fondamentali: quelli che vogliono segnalare un contenuto speciale o particolare, una notizia nuova e curiosa, e quelli che cercano conferma e riscontro di un fatto che si sta compiendo. Ci sono quelli che postano foto e stati alla ricerca di persone che ci rimandino un sentimento simile e quelli che vogliono far vedere quanto siamo bravi o promuovono notizie straordinarie.
Quali sono quelli che usiamo più spesso?
Il principio è semplice: cerchiamo luoghi comuni per avere sicurezza o li contestiamo per distinguerci ed attirare l’attenzione.
Ma il luogo comune non è quel modo di dire un concetto banale ed ovvio che non suscita interesse e che in molti casi denota mancanza di fantasia ed originalità? Infatti.
Per luoghi comuni intendiamo frasi fatte e concetti noti a tutti che è inutile dire e che quando si rilevano in un discorso ci portano a vedere l’interlocutore privo di carattere o di pensiero proprio.
A volte è proprio la persona che si vuole far notare che involontariamente esprime un luogo comune come coloro che vogliono apparire originali per forza diventando tremendamente banali ed inappropriati.
I luoghi comuni ci servono, non possiamo farne a meno, possiamo però chiederci se ci sia un modo adeguato per usarli senza cadere in quello che tutti temono, il conformismo o l’ostentazione di una vacua originalità.
Da dove hanno origine i luoghi comuni?
I luoghi comuni arrivano da quella regione del nostro immaginario abitata dalla personalità convenzionale quella che reagisce conformandosi alle norme e pensieri socialmente acquisiti.
La personalità convenzionale risponde ai caratteri predefiniti archetipici, gli immaginari personificati dominanti che si sono formati con il succedersi delle generazioni.
Sono tipici luoghi comuni, parlare del tempo, parlare delle notizie più note, prendersela con il sistema che non funziona.
I tipici luoghi comuni da social invece sono mettere foto di quello che si sta facendo in base alla giornata, condividere auguri e frasi poetiche, i video bizzarri, cambiare di continuo le immagini del profilo, assecondare le campagne informative solidali a qualche causa, i messaggi, soprattutto quelli che si ritengono intelligenti.
I luoghi comuni escono fuori in modo spontaneo dal momento che esprimono la personalità convenzionale. Da cosa capiamo che sono luoghi comuni? Dal fatto che tutte queste informazioni non dicono assolutamente nulla, se le togliessimo non cambierebbe niente.
Perchè si dicono?
I luoghi comuni sono una forma di protezione. Personalità deriva dal latino persona, la maschera indossata dagli attori. Parlare per luoghi comuni diventa un modo d’indossare una maschera o esercitare un ruolo che in primo luogo ci vorrebbe proteggere.
Tutto sommato, la persona non è nulla di reale. È un compromesso fra l’individuo e la società su ciò che uno appare (C. G. Jung, 1987, L’Io e l’inconscio, Bollati Boringhieri, Torino, p.155)
In che modo?
Nel momento in cui diciamo cose scontate o frasi fatte diamo conferma di essere normali e quindi di stare all’interno dello spazio conosciuto e condiviso. Un modo curioso di fare questo è quando si postano su fb piccoli difetti o vizi trovando consenso da parte del pubblico. Così facendo allarghiamo il confine delle cose note e tutti ci ritroviamo a far parte della stessa famiglia.
I luoghi comuni diventano il luogo del mondo conosciuto
Dove era l’Es deve subentrare l’Io (S. Freud, 2002, Introduzione alla psiconalisi, Bollati Boringhieri, Torino, p.485).
Nel linguaggio tradizionale della psicologia dinamica il mondo conosciuto era associato alla coscienza. Freud lo riteneva il mondo civilizzato rispetto all’inconscio immaginato come regione selvaggia e pericolosa. Potremmo ben dire allora che la personalità che si fonda sui luoghi comuni è la personalità civilizzata, quella normalizzata.
Questo ci può aiutare a capire alcuni fenomeni poco chiari che avvengono sulla rete come gli haters, le fake news, i trolls o le notizie aberranti.
Essi di fatto danneggiano l’ordine delle piazze virtuali e ci fanno intravedere scorci di mondi oscuri, il complotto, il Deep Web, il caos mediatico, forme dell’inconscio digitale.
In termini psicologici potremmo pensarli come patologizzazioni, ovvero immaginari malati che si presentano a coscienza perché esigono una qualche forma d’integrazione.
Il luogo comune traccia il confine del modo attraverso cui si presentano i fatti psichici privati della loro vitalità e della loro pericolosità. Il luogo comune ha il potere di disinnescare il valore perturbante della psiche, ci tranquillizza come una sorta di sedativo comportamentale. Lo insegna l’ipnoterapia che li usa per avviare il rapporto di trance ipnotica chiamandoli ‘truismi’.
Conclusioni. Quali modi per uscire fuori dai luoghi comuni?
Sono più semplici, più di quello che immaginiamo. Non c’è bisogno di ostentare originalità o trasgressione visto che a volte questo è un luogo comune peggiore delle banalità.
Non c’è neanche bisogno di sabotare il sistema visto che questo è un processo distruttivo ma non costruttivo.
I luoghi comuni diventano utili quando c’è un uso attento al modo di applicarli. Si evitano attraverso la conoscenza che riduce la presunzione ed i pregiudizi. Abbiamo visto che il bisogno di condividere cose ovvie è un modo per familiarizzare.
Ebbene, farlo opportunamente è il modo migliore per uscire dalla banalità ed entrare nella cortesia. Saper esprimere bene dei luoghi comuni può essere molto piacevole ed è la chiave per una buona conversazione e per imparare a fare amicizia.
Invece, per uscire fuori dai luoghi comuni non ci servono fucili e fruste, non dobbiamo portare civiltà in un mondo che non la richiede.
Piuttosto dovremmo essere disposti a metterci in discussione.
Quando costruiamo un dialogo fatto per conoscere qualcuno o qualcosa andiamo a sollevare la protezione della maschera convenzionale e ci permettiamo di vedere effettivamente chi abbiamo davanti. Banali o trasgressivi, se lo facciamo per difenderci dall’ignoto è inevitabile che cadiamo nei luoghi comuni spiacevoli.
Troppo spesso accade che le parole usate non sorgano dal bisogno di conoscenza ma dal bisogno di edificare la propria persona con la presunzione che essere speciali sia l’unico modo per rendersi interessanti. Quello che secondo me manca nella piazza psichica ed in quella mediatica, e che è una delle prerogative della pratica psicologica, è l’ascolto. Se non sappiamo cosa dire o cosa pensare e se ci sentiamo vittime dei luoghi comuni potremmo fare una cosa: imparare ad ascoltare guardando in silenzio.
Sembra scontato ma non lo è per niente.
Usare luoghi comuni è un modo semplice per vendere un prodotto od un pensiero se non addirittura un corso si internet. Se io dico che” con molto impegno tutti possono arrivare ad un fine” e quindi vi insegno a pagamento come arrivarci, ho usato un luogo comune per vendervi il mio corso.