Dipingere con il ciclo mestruale
Il mondo non è stato creato una volta, ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale (Marcel Proust)
Nel sentire comune il ciclo mestruale è ancora una argomento tabù.
Per quanto il primo ciclo sia considerato un rito di passaggio che sposta le bambine sulla soglia dell’adolescenza, le mestruazioni sono associate ad un generale senso di repulsione. Molte bambine sono portate a nascondere i primi cicli mestruali. Alcuni uomini sono terrorizzati dal periodo del mese in cui il partner può avere le mestruazioni. Sbalzi ormonali, dolori fisici, fastidi vari fanno si che le mestruazioni siano viste spesso con forte negatività da parte delle donne. Entrate a far parte anche sotto le spoglie di disturbo disforico premestruale nel DSM-V, sembrano avere solo un polo negativo.
C’è stato, però, anche chi ha avuto il folle, barbaro coraggio di usare la secrezione mestruale, il sangue mestruale, trasformandolo in uno strumento d’arte. In pochi avranno sentito parlare di Menstrual art: la creazione di opere d’arte usando come colore principale il prodotto dei propri cicli mestruali. Questo articolo potrà scandalizzare qualcuno, far vergognare qualcun altro ma sarà comunque un inno all’arte. Parliamo di artisti che denunciano, scandalizzano, provocano, stupiscono ma a volte vogliono comunicare ben altro. Scopriamolo insieme.
Non solo sangue
(…) mi sono stancato di avere a disposizione solo il rosso e il bianco. Mi serviva un terzo colore, ed ho pensato al giallo della piscia. Quando mi sono stancato della piscia, ho pensato allo sperma (Andres Serrano)
Ci sono secrezioni, prodotti, momenti … Ci sono sostanze e argomenti che provocano in generale un senso di repulsione. Alcuni di questi sono un vero e proprio tabù. Ci sono sostanze e argomenti che molti vorrebbero nascondere sotto la più fitta coltre di oscurità. Tuttavia, l’arte, la potenza artistica è in grado di trasformare qualsiasi entità. Nella potenza creativa ecco che qualsiasi oggetto o secrezione può trasformarsi nel più nobile degli strumenti.
Nel corso degli anni si sono succeduti diversi artisti nel trasformare sostanze comunemente considerate “indegne” in elementi nobili. L’urina veniva usata in pittura già nel Settecento dalla pittrice Rosalba Carriera per creare una diversa gradazione di pastelli; utilizzati, poi, per la creazione del color oro e del color giallo limone. Sono, invece, di Andres Serrano, fotografo americano, le due opere di sangue, urina e liquido seminale (Blood and Semen III e Piss and Blood) diventate, poi, le copertine di due dischi dei Metallica (Load e ReLoad). Ad usare lo sperma come colore è stato anche il pittore tedesco Martin von Ostrowski che ha dichiarato di aver utilizzato per ogni tela circa quaranta eiaculazioni. Lo stesso, era già noto per aver ritratto Hitler utilizzando escrementi propri. La pittrice Vanessa Tiegs ha creato, invece, 88 dipinti utilizzando il sangue mestruale. Ha coniato il termine menstrala, trasformando il proprio sangue mestruale in tele floreali.
L’americana Tamara Wyndham ha dipinto diversi quadri premendo direttamente la propria vulva su tela. Alcuni artisti oggi si riuniscono in circoli ellenici online con buon successo scambiandosi opere e pareri. L’elenco di chi usa materiali tabù potrebbe essere ancora più lungo.
Ciò che conta è che questi artisti lanciano un forte messaggio provocatorio, sia artistico che psicologico. Non esiste oggetto che non possa diventare strumento. Ciò che provoca schifo può diventare fonte di stupore. Figurarsi, poi, se il tabù riguarda il femminile ed il suo confine con il materno…
Il simbolo delle mestruazioni
Le mestruazioni sono una forma di morte e distruzione del corpo, che diventa così il suolo dove può germogliare un nuovo ciclo di possibilità. Esso contiene una forza evolutiva capace di catapultare l’umanità fuori dallo stato di incoscienza, come la mitologia stessa ci dà ragione di credere (E. Neumann, La grande Madre, 1981, p.41)
Nella simbologia archetipica le mestruazioni hanno una dimensione spirituale e una valenza pregnante. Sono fonte di crescita e di abbondanza. Sono energia vitale che la società odierna ha insegnato a nascondere e ad esiliare nel mondo dell’inconscio.
Fin dall’antichità vi è stata un’ambivalenza a riguardo: diverse tradizioni hanno messo in risalto il potere curativo e fecondativo del sangue mestruale. Molte società tribali, infatti, celebrano il passaggio della donna all’età adulta rievocando la dea delle stagioni e dei cicli di vita e dando una valenza di metamorfosi alla donna (Kinaaldà). Un rituale che dona alla donna poteri curativi e fecondanti, capaci di renderla una guaritrice o una sciamana.
In altre culture, invece, ha sempre assunto la valenza negativa di qualcosa di impuro e inquietante, arrivando a segregare la donna in appositi ricoveri o in un angolo buio della casa. Nel Gabon le donne mestruate sono isolate con divieti di preparazione di cibi, partecipazione a riti religiosi e di rapporti sessuali. Addirittura anche la stessa donna è stata esiliata in diverse circostanze quotidiane ritenendola contaminata e capace di contaminare le sostanze con cui venisse a contatto.
Ancora oggi in alcune culture italiane locali la donna in fase mestruale viene tenuta lontana dalle conserve in quanto potrebbe in qualche modo rovinarle. Si è, quindi, creata un’ambivalenza tra dono e maledizione. La Menstrual art si colloca nel mezzo. Si colloca nel tentativo di far comprendere la rivoluzionaria “normalità” di tale momento con la consapevolezza che il sanguinamento è parte della nostra ciclicità.
Conclusioni
La Menstrual art racchiude una provocazione e una poliedrica sfida.
È un richiamo dirompente alla Donna. È un urlo all’accettazione di ciò che è colpevolmente offuscato. Le mestruazioni, infatti, richiamano sia alla completa complessità della donna, sia a quei cicli di vita e di esperienza di cui troppo spesso non siamo consapevoli.
Cosi come nel percorso di analisi deve esserci un passaggio di morte e rinascita, così nel ciclo mestruale nell’organismo femminile c’è un rituale biologico di morte e vita. Se in diverse e poche e ancora oggi abbiamo repulsione per parti naturali della nostra vita e del nostro essere donna ecco che la mestrual art schiaffeggia il nostro sentire comune.
L’insegnamento di questa rumorosa forma d’arte risiede nell’accettazione e nell’integrazione di ciò che siamo, nel profondo. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che il nostro mondo-organismo produce, tutto può contribuire a far si che le nostre esistenze siano esplosioni di arte, di energia, di racconti.
Ognuno di noi di fronte alla Menstrual art riceve uno schiaffo: vergogniamoci del non accettarci. Alcuni rimarranno fermi nel senso di vergogna, di repulsione… non pretendo di dare morali assolute o di abbattere le convinzioni attualmente universali. Ciò che conta è iniziare a convincersi di un assioma preciso: l’arte non ha tabù.
È paradossale vergognarsi dei cicli che il nostro corpo compie da sempre e che da sempre ci appartengono come donne. Io stessa ho lavorato col mio sangue mestruale. Vergognarsene sarebbe come vergognarsi di avere un orecchio. Condivido il pensiero di chi scrive, mi chiedo però una cosa… Perché non ci sono “le artiste” ? Si, insomma non leggo il termine al femminile neanche quando si parla di Chi mestrua. Addirittura leggo “Alcuni uomini sono terrorizzati dal periodo del mese in cui il partner può avere le mestruazioni”.”IL partner?” L’uso della lingua è tale per cui si parla sempre di artisti e mai di artiste e ciò mi sembra scorretto sia relativamente alla grammatica si relativamente all’uso non sessista della lingua italiana. Se si parla strettamente di Mestruazioni io parlerei di artiste e di “ognuna”. Forse servirebbe anche alla buona accettazione di questo femminile che non è accolto sulla tela né profondamente, nell’animo, razionalmente. La nostra cultura è talmente invischiata nello schema patriarcale da impedire anche a chi lo vorrebbe di superare le barriere? Saluti,
Stefania
Il tuo commento è prezioso. Il senso profondo dell’articolo è proprio quello di comprendere la forza immensa di tutto ciò che di solito nascondiamo. La comprensione dei processi inconsci e di quelli rimossi è altrettanto potente di una parola espressa con un genere apparentemente sessista. Può sembrare una colpevole disattenzione non rimanere saldi sull’attenzione al genere ;delle parole. Tuttavia, almeno nel mondo della psiche, non esistono disuguaglianze di genere: ci sono simboli che hanno una potenza e un ruolo ben precisi, indipendentemente dal genere con cui li chiamiamo. Nel corso degli anni, ad esempio, è
stato perso l’uso del neutro latino per gli oggetti che vengono indicati al maschile o al femminile ma non per questo la definirei una lingua sessista, forse più abitudinaria. In genere si segue un processo di semplificazione nelle lingue. Ad ogni modo a cambiare dovrebbe essere prima il modo di pensare in modo che un ” a”o una’ ‘o’ ‘finale non facciano la differenza.