La libertà di indossare una mascherina
Ok, Houston, qui abbiamo un problema. La celebre frase pronunciata dall’astronauta Jack Swigert dell’Apollo 13, oggi, è più attuale che mai.
Se non ci sentiamo liberi semplicemente perché indossiamo una mascherina, Huston, qui abbiamo un grave problema.
Jung nel Libro Rosso affermava che:
La nostra libertà non sta fuori di noi ma in noi. Si può essere vincolati all’esterno e tuttavia sentirsi liberi, perché ci si è liberati dalle catene interiori. Si può forse guadagnare la libertà esteriore mediante un’azione energica, ma la libertà interiore si crea solo mediante il simbolo.
Così come la libertà, secondo Jung, si crea mediante il simbolo, è anche attraverso il simbolo che si crea la schiavitù. Con l’avvento del Coronavirus abbiamo travisato sempre di più il concetto di libertà, e la mascherina-museruola insieme ai DPCM sono diventati il simbolo della prigionia contemporanea.
Chi aveva un forte senso di schiavitù interiore, ora, la sta proiettando all’esterno verso i DPCM che sono emersi in questi ultimi mesi, che siano essi regole, chiusure, mascherine, guanti, distanze, ecc.
Parliamoci chiaro, viviamo in un mondo fatto di regole e non sono certo loro a renderci schiavi. Il termine libertà viene ormai usato impropriamente, ed è maldestramente sovrapposto al concetto di individualismo: sono libero di fare ciò che voglio; nessuno mi può dire quello che devo fare, e altre affermazioni simili.
Cito Hillman: “…ecco un esempio che amplia l’idea limitata che oggi abbiamo della libertà: (quella) che posso fare quello che mi pare in casa mia; che qui decido Io e non voglio nessuna interferenza… che non voglio che nessuno mi venga a dire cosa posso o cosa non posso fare; che ci sono troppi regolamenti. Questa è la libertà di un adolescente!”
Partiamo dal presupposto che l’individualismo non è libertà.
Dunque che cos’è la libertà? Può una mascherina limitare la nostra libertà?
La libertà è una scelta
Il libertus era uno schiavo romano che, separandosi dal nucleo vincolante della familia, aveva ottenuto la libertà dal suo padrone.
La libertà, quindi, è quel particolare momento nel quale ci separiamo dal nucleo centrale e sentiamo un vuoto, il vuoto rappresentato dalla separazione con ciò che ci lega al passato e il mondo che ci sta aspettando.
Ad esempio, viviamo momenti di libertà quando andiamo a vivere da soli, quando ci separiamo da una relazione, oppure quando finiamo un percorso di studi e si crea un vuoto nel quale siamo chiamati a compiere una scelta.
La libertà è il momento della scelta. Lo stesso Nietzsche ci suggeriva che la libertà è il processo grazie al quale trasformiamo l’Io devo in Io voglio. In pratica la libertà è quello spazio fatto di scelte, che intercorre tra queste due dinamiche.
Di questa scelta ci parla Erich Fromm nel suo libro Fuga dalla libertà. Secondo lo psicoanalista tedesco, di fronte alla sensazione di vuoto possiamo compiere due scelte: vivere o fuggire.
Fuga dalla libertà o Libertà positiva?
Secondo Fromm, immersi nel vuoto della scelta, siamo chiamati a colmare questo vuoto che è energia pura. Possiamo, così, percorrere due strade: la strada della libertà positiva, o la strada della fuga dalla libertà.
Se decidiamo di intraprendere il percorso della libertà positiva ci dirigiamo verso il mondo esterno, ci mettiamo in relazione con gli altri e con le loro esigenze, per ritrovare l’unità con le persone, la natura e con noi stessi.
Se invece imbocchiamo la seconda via, quella della fuga dalla libertà, ci ritiriamo dal mondo dirigendoci verso noi stessi, verso l’individualismo. In questo caso fuggiamo dal mondo e dall’altro per rintanarci nelle nostre esigenze.
Nel primo caso, della libertà positiva, costruiamo la nostra vita intorno a quel vuoto e in interazione con il mondo; nel secondo caso, della fuga dalla libertà, cerchiamo di riempire il vuoto con noi stessi, ovvero con una sorta di atto narcisistico o – per non scomodare il mito – individualistico.
Quest’ultima scelta, secondo Fromm, non ci conduce verso la libertà psichica, ma ad espressioni nevrotiche del carattere.
Conclusioni
Il “tu devi”, pertanto è una specie di prigione in cui le persone si attengono a una determinata norma, ma pensano in continuazione: “Se potessi liberarmi di quella norma, Dio solo lo sa quel che farei!” (Jung, Seminari sullo Zarathustra di Nietzsche)
In verità queste persone, con o senza norma, si comporterebbero e si sentirebbero esattamente allo stesso modo, schiavi di sé stessi, e di esempi ne è pieno il mondo.
Con o senza mascherina la qualità della nostra libertà non cambia, perché essa è una scelta interiore. Quando vedo una persona senza mascherina, non vedo una persona libera, ma uno schiavo del proprio individualismo.
D’altronde, Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene (Pier Paolo Pasolini).