L’esperienza dell’Hallelujah
C’è un momento nel caos, un momento di libertà, gioia e spontaneità irriflessa. In questo momento tutto è permesso. Questa è pura bellezza (J. Hillman, Un terribile amore per la guerra)
James Hillman, a mio parare, in Un Terribile amore per la guerra descrive l’esperienza dell’Hallelujah, un momento nel quale gli orrori della guerra e l’amore per essa si uniscono, Marte e Afrodite si amano e creano qualcosa di unico, gli opposti si incontrano.
L’Hallelujah di Leonard Cohen
Nel 1984, Leonard Cohen scrisse e pubblicò Hallelujah nel suo album Various Position. Nei primi tempi la canzone non fece alcun successo. Solo successivamente con le interpretazioni di altri autori come Jeff Buckley e le variazioni di testo dello stesso Cohen, la canzone divenne leggenda ed entrò prepotentemente nell’immaginario collettivo.
Leonard impiegò oltre due anni di tempo per scrivere questa canzone, e ne compose 80 versi dei quali ne scelse solamente 6.
Il testo della canzone è molto complesso, anche perché ne esistono diverse versioni dello stesso Cohen. Almeno due sono i testi principali: il primo con molti riferimenti biblici e religiosi, il secondo nel quali si narra di una storia d’amore andata male.
Il modo migliore di immaginare questa canzone è sicuramente partire dalla volontà dell’autore che affermava:
Questo mondo è pieno di conflitti e pieno di cose che non possono essere unite ma ci sono momenti nei quali possiamo trascendere il sistema dualistico e riunirci e abbracciare tutto il disordine, questo è quello che io intendo per Halleluja. La canzone spiega che diversi tipi di Hallelujah esistono, e tutte le Hallelujah perfette e infrante hanno lo stesso valore. È un desiderio di affermazione della vita, non in un qualche significato religioso formale, ma con entusiasmo, con emozione. So che c’è un occhio che ci sta guardando tutti. C’è un giudizio che valuta ogni cosa che facciamo (L. Cohen)
L’Halleluja nel corso del tempo ha assunto significati diversi: biblici, religiosi, divinatori, sessuali e orgasmici.
Sicuramente però c’è un significato univoco che lega tutti i significati, quello trascendentale che abbatte i temi dualistici e tende all’unio mentalis. Ci sono dei momenti nella vita nei quali possiamo urlare Halleluja. Sono attimi in cui sentiamo vividamente una sensazione di completezza, dove gli opposti si uniscono in qualcosa di magico, quando Marte e Afrodite si amano e diventano bellezza.
Lettura immaginale degli Hallelujah
[N.B. la traduzione del testo è stata presa dal sito leonardcohen.it]
Urlare Hallelujah significa invocare Dio, vivere un momento estatico di bellezza e unità. Una sorta di Eureka archimedico. Leonard Cohen ci dice che esistono diversi tipi di Halleluja, ovvero di unione degli opposti.
Scopriamone insieme alcuni.
Elogio alla vulnerabilità
La tua fede era salda ma avevi bisogno di una prova
La vedesti fare il bagno dalla terrazza
La sua bellezza e il chiaro di luna ti vinsero
Lei ti legò
Alla sedia della cucina
Ti spaccò il trono, ti rase i capelli
dalle labbra ti strappò l’Halleluja
Questi versi raccontano l’incontro con l’Anima, un appuntamento che spacca il nostro trono, ovvero il nostro Io. Inoltre rade i nostri capelli, mitologicamente ci taglia via la forza e ci mette in contatto con la nostra vulnerabilità.
Al di là di ciò che dicono gli psicologi perbenisti ancorati letteralmente alla fiaba dell’Io, possiamo cantare l’Hallelujah solamente quando rinunciamo al trono e ci rendiamo vulnerabili. Solo in questi momenti, che crediamo di debolezza, possiamo scoprire nuove parti di noi.
Il primo modo per unire gli opposti è quindi involontario. A volte l’unio mentalis ci rapisce e ci lega ad una sedia e noi non possiamo fare nient’altro che guardare.
Il nome
Dici che ho pronunciato il Nome invano
Ma se non lo conosco nemmeno il Nome
Ma anche se fosse, a te poi cosa importa?
C’è un’esplosione di luce
In ogni parola
E non importa se tu abbia sentito
La sacra o la disperata Hallelujah
Ogni parola è portatrice del Nome di Dio, ogni parola è Dio secondo Spinoza, ed è in questo modo che la psicoterapia si approccia alle parole.
Ogni parola ha un esplosione di luce, porta con sé un significato unico e irripetibile. Ad esempio, se dovessi chiedere a dieci persone cosa è l’amore, mi darebbero dieci risposte differenti che mi racconterebbero qualcosa della loro Psiche.
Ogni parola porta con sé l’Halleluja se siamo pronti a fare la domanda giusta e ad ascoltarne la risposta.
Il secondo modo di raggiungere l’unione degli opposti è attraverso l’inconsapevolezza delle nostre azioni, atti totalmente casuali e non processati dalla razionalità, immaginali.
Dio della canzone
Ho fatto del mio meglio, non era granché
Non provavo nulla, così ho provato a toccare
Ho detto il vero, non sono venuto per prenderti in giro
E anche se
è andato tutto storto
Mi ergerò davanti al Dio della Canzone
E dalle mie labbra altro non uscirà che Hallelujah
Non provavavo nulla, così ho provato a toccare. Diamo per scontato che il linguaggio di ogni persona sia quello emotivo, tuttavia esistono altri tipi di linguaggio come ci insegna Jung. Ad esempio quello del toccare è il linguaggio della sensazione, alcuni di noi infatti si orientano nel mondo attraverso le sensazioni.
Ed è proprio quando troviamo il nostro linguaggio personale che possiamo trovarci davanti al Dio della Canzone. Cantare etimologicamente significa risuonare, ed ecco che il Dio della Canzone rappresenta il “risuonare” interiore. Se uso il linguaggio giusto per me riuscirò a far risuonare la mia Psiche e potrò gridare Halleluja!
Questo verso ci insegna che il terzo modo per raggiungere l’unio mentalis è attraverso la ricerca, tentativi, errori e tenacia che ci porteranno a unire gli opposti.
Laggiù nel Mondo Infero
C’era un tempo in cui mi facevi sapere
Cosa succede davvero laggiù
Ma ora non me lo fai mai vedere, vero?
ricordo quando mi muovevo in te
E la sacra colomba si muoveva anch’essa
E ogni nostro singolo respiro era Hallelujah
Questo verso è facilmente accostabile ad un amplesso. Tuttavia, noi de L’Anima Fa Arte facciamo psicologia e non letteralismo, quindi ancora una volta dobbiamo riportare tutto sul piano del teatro psicologico.
Laggiù è un luogo di Psiche, la profondità dell’anima nella quale accade la vita.
Trovarsi negli abissi di Psiche significa respirare l’Hallelujah. Ecco il quarto modo per unire gli opposti: viaggiare. Metaforicamente viaggiare attraverso il mondo infero delle immagini, attraverso la Psiche.
Cantiamo l’Halleluja – Conclusioni
Le coppie di opposti non devono essere concepite come errori ma come l’origine della vita (C. G. Jung, Psicologia analitica, p.134)
L’Halleluja è quel momento nel quale due dimensioni apparentemente distanti si uniscono, quel secondo nel quale esiste l’origine della vita.
Nella Psiche tutto ciò si traduce come l’inizio di qualcosa di nuovo. L’origine della vita interiore può essere raggiunta attraverso vari modi. Leonard Cohen con i suoi 80 versi ci mostra 80 modi per raggiungere l’unione degli opposti, 80 modi per essere il Dio di sé stessi.
Pertanto auguro a tutti di poter cantare l’Hallelujah, almeno una volta nella vita.
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