Rudolf Bonvie – Le Mani

Esiste un’unica forma di contagio che si trasmette più rapidamente di un virus. Ed è la paura.
(Dan Brown, Inferno)

Con l’allerta Covid-19 ad attanagliare l’Italia, la nostra attenzione è stata bombardata dalla necessità di lavarsi le mani.

Le indicazioni delle Istituzioni, le televisioni, i social network…tutti hanno presentato quanto sia importante il lavarsi di frequente le mani e per un periodo superiore ai 20 secondi. E un po’ tutti siamo stati trattati come bambini a cui va insegnato come compiere un gesto elementare. Come se non bastasse, i gel che permettono di lavarsi le mani senza acqua sembrano introvabili; perciò tanti si sono messi alla ricerca di ricette, trucchi e segreti per sopperire a questa mancanza.

Lavarsi le mani è diventato un comportamento che da routinario si è evoluto in imprescindibile. Ma perché in molti davano questo gesto per scontato? Perché lavarsi le mani è un’azione importantissima anche per la nostra mente?

Per provare a rispondere a queste domande, ci faremo aiutare da “Dialog, 13 Fotografien, 1973”, un’opera di 13 foto di Rudolf Bonvie.

Un senso alle mani

Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano. Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro. Rinunciarvi è folle, sempre e comunque.
(Erri De Luca)

Rudolf Bonvie è considerato uno dei primi media artists, un esploratore dell’impatto percettivo delle immagini. È un creativo che ha saputo cogliere aspetti incredibilmente reali della moderna comunicazione artistica. In Dialog, 13 Fotografien, 1973, attraverso 13 scatti apparentemente in sequenza, l’artista riesce a raccontare una storia (forse di solitudine e d’amore) focalizzando solo due mani e le loro diverse posture. Bonvie mette in risalto una funzione del nostro corpo che troppo spesso sottovalutiamo: la comunicazione.

Le mani sono estensioni efficaci della nostra comunicazione. Ci aiutano a padroneggiare lo spazio che ci circonda. Ci permettono letteralmente di entrare in contatto con l’altro. Una stretta di mano è un primo contatto per entrare in connessione con qualcuno. Una carezza è un gesto che sa comunicare affetto.

Uno schiaffo, un pugno, una spinta sono gesti di attacco e di difesa. Quando percepiamo una minaccia ci proteggiamo con le mani. E si potrebbe continuare all’infinito.

Ciò che Bonvie coglie e comunica è proprio la funzione del tutto tipica della mano: raffigura la peculiarità dell’essere umano.

Ma se le mani rivestono questo ruolo fondamentale, come mai c’è la necessità di ricordarsi e di ricordare di lavarsi le mani?

La simbologia del lavarsi le mani

Lo schifo dello sporco può essere talmente grande da impedirci di lavarci, di “giustificarci”.
(Friedrich Nietzsche)

Lavarsi le mani è un gesto carico di significato. In tanti riti di diverse religioni è una parte integrante della cerimonia. In alcune culture orientali, per permettere agli ospiti di entrare in casa, va offerta loro la possibilità di lavarsi le mani. Pilato, nel racconto della Passione di Gesù Cristo, è raffigurato nel gesto di lavarsi le mani.

Un atto di purificazione. Un atto di dimissione. Un atto di liberazione.

È un gesto carico di significato psicologico. Il solo pensiero di lavarsi le mani garantisce alla nostra mente la sensazione di alleggerirsi di colpe, pensieri e pesi.

Tuttavia, in pochi prestano attenzione consapevole a questo gesto. Ci laviamo le mani per abitudine, molto spesso in fretta. Le facciamo scorrere sotto l’acqua, dopo una passata di sapone. Forse solo chi lavora in ambiente sanitario è abituato a contare i secondi necessari per ridurre il numero di batteri che popolano le nostre mani.

Se trasformiamo la funzione fisica del lavarsi le mani (eliminare le scorie, renderle efficaci e sicure per la nostra salute) in funzione psicologica, ci possiamo accorgere del perché diventa un gesto molto spesso inconsapevole.

Quanto è faticoso eliminare le scorie dai nostri pensieri? Quanto è difficile liberare la nostra anima dai sensi di colpa? Quanto è impegnativo alleggerire il peso dei nostri pensieri?

Per prestare attenzione al tempo necessario a lavarsi fisicamente le mani, abbiamo avuto la necessità di raffigurarci un nemico concreto, come un virus. Ma la nostra mente è abituata a creare mille filtri per difendersi dai nemici psicologici. Molto spesso ci troviamo a non pensare ai pesi che limitano la nostra anima. È una strategia adattiva del nostro sistema cognitivo.

Prestare attenzione alle zavorre psicologiche da lavare via vorrebbe dire dargli un peso significativo. Vorrebbe dire riconoscerne l’esistenza e le potenzialità.

Ora ci laviamo fisicamente le mani perché c’è una minaccia conclamata. E ci è stato detto come e per quanto tempo farlo. Ma per le nostre abitudini è stato più comodo non farlo da sempre.

Possiamo davvero convivere con il pericolo delle mani sporche?

Microbi e zavorre da lavare via

A volte mi guardo le mani e mi rendo conto che sarei potuto diventare un grande pianista o qualcosa del genere. Ma che cos’hanno fatto, le mie mani? Mi hanno grattato le palle, hanno scritto assegni, hanno allacciato le scarpe, hanno tirato la catena del water ecc. Ho sprecato le mani. E la testa.
(Charles Bukowski)

Le mani sono uno dei porti di ingresso della nostra percezione. Se scegliessimo di inibire totalmente questo senso ci precluderemmo una parte considerevole della nostra interazione con il mondo. Quante volte interagendo con il mondo che ci circonda abbiamo subito ferite, bruciature?

Interagendo con le persone, quante volte abbiamo percepito cocenti delusioni? Il nostro organismo trova innumerevoli strategie per riparare a danni esterni. Lo stesso vale per la nostra anima. La differenza portante risiede nelle cicatrici: le cicatrici fisiche sono segni evidenti, che raramente fanno male. Le cicatrici dell’anima, invece, seppure invisibili, bruciano ogni volta che vengono sfiorate.

Sarebbe bello avere un disinfettante per permettere agli agenti esterni negativi di infettare la nostra anima. Sarebbe utile avere un gel che ci rendesse immuni dal contagio ogni volta che entriamo in contatto con agenti patogeni. Per gli psicologi significherebbe non correre nessun rischio di sentirsi imbrigliati nella sofferenza del paziente.

Eppure, un gel così ci renderebbe immuni da tutti gli agenti esterni, negativi e positivi. Vorrebbe dire creare strati di separazione da tutto ciò che è altro da noi.

Conclusioni

Non puoi stringere la mano con un pugno chiuso
(Gandhi)

Ci sono innumerevoli gesti rituali di cui non siamo consapevoli.

Li facciamo per abitudine, quasi distratti, senza essere coscienti della loro importanza, fisica e simbolica. Lavarsi le mani è uno di questi. Simboleggia il sano equilibrio fra esterno e interno, fra noi e il contatto con il mondo esterno. In tempi di emergenza sanitaria, siamo particolarmente attenti a lavarci le mani per provare a ridurre il rischio di contagio. Abitudine che dovremmo avere costantemente.

Per il corpo e per l’anima. Potrebbe essere utile lavare la nostra anima dal contagio con agenti esterni in grado di danneggiarci. Sarebbe bello poter filtrare i microbi dell’anima. Ma non esistono gel o saponi per questo. Tuttavia, esiste la nostra consapevolezza, il desiderio di guardare noi stessi e il mondo che ci circonda. Lavarsi le mani è esattamente un esercizio di equilibrio per far sì che tutto ciò che è nel mondo ci invada.

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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