Che dire della caduta di un ponte?
E non di un ponte minore ma del ponte Morandi?
Non siamo di fronte a una semplice passerella. Ma noi de L’Anima fa Arte non siamo, ingegneri, architetti, geologi, politici o politologi. Noi in questo blog siamo psicologi e ci curiamo dell’anima, individuale e collettiva. Questo significa che ci occupiamo delle immagini in quanto manifestazioni di dèi e di archetipi. Ci occupiamo di immagini che sono linguaggio della psiche, che ci dicono quale processo sia in corso nella psiche individuale e collettiva. In questo senso, quindi, il crollo del ponte Morandi costituisce per noi un evento, innanzitutto, immaginale.
Con immaginale ci riferiamo a un evento che ci informa di un processo psichico, individuale o collettivo, piuttosto che rispetto a un evento concertistico.
Quindi proviamo a pensare.
La parola pontefice significa, etimologicamente, colui che fa ponti. Il sapere per costruire i ponti era prerogativa di papi. Il sapere ingegneristico nel caso dei ponti, era un dono divino. Questo perché il ponte di per sé è un opus contra naturam, ossia un’opera che non rispetta la natura. Se due lembi di terra sono separati significa che così li ha voluti Dio. Metterli in comunicazione significa contraddirlo. Se un fiume, una gola o altro si trovano a separare solo Dio può riunirli. Psicologicamente vale altrettanto, se due aspetti di un individuo sono separati e inconciliabili, solo un dio, ossia una funzione psicologica forte e Archetipica può metterli in comunicazione costruendo un ponte.
Da un punto di vista simbolico, sognare un ponte significa iniziare a mettere in comunicazione parti di sé altrimenti disgiunte. Facciamo un esempio per meglio comprendere. Se una donna è assorbita nel ruolo genitoriale, nel ruolo di madre perché ha avuto precocemente figli, probabilmente questo non le ha permesso di nutrire il ruolo professionale e la sua posizione sociale. Può iniziare, dunque, ad avvertire la necessità di nutrire di nuova linfa il ruolo professionale. Ecco che giunge in sogno un ponte che rappresenta l’espressione della messa in comunicazione di queste due terre, la madre e la professionista.
Il ponte mette in comunicazione due funzioni psichiche, e quindi due corrispondenti ruoli sociali, altrimenti disgiunti e lo fa con un rito di passaggio che prevede tutta una serie di azioni progettuali che Dio (ossia una certa modalità di condotta consolidata e cristallizzata nell’individuo) concede. come se quel Dio concedesse la venuta di un nuovo Dio. Dunque, il simbolo del ponte, ci parla della profonda metamorfosi che sta avvenendo, ci parla soprattutto di quali forze sono in gioco nel concederci di cambiare e di mettere in comunicazione parti apparentemente inconciliabili.
Ma in questo caso un ponte crolla. Quindi assistiamo a una sorta di processo inverso. Ci troviamo di fronte a una situazione in cui, a livello immaginale, nella psiche, ciò che era in comunicazione si separa. Se questo evento psichico avviene, ossia se sogniamo un ponte che crolla, ci troviamo di fronte al fatto che due condotte che abbiamo fatto convivere a lungo, iniziano a risultare non più compatibili.
Altro esempio può essere quello secondo cui un individuo vive la cosiddetta “crisi di mezza età”. Questa costituisce il momento in cui crollano le illusorie possibilità di convivenza tra le illusioni puerili e le consapevolezze dell’età adulta. Spesso un ponte che crolla costituisce la manifestazione di Crono, del tempo che passa e ci vede posseduti da dèi propri di quell’era psicologica. In questo caso è importante trovarsi dalla giusta parte: se siamo nella parte iniziale del ponte significa che restiamo fissati involutivamente; se ci troviamo in troncone centrale significa che non riusciamo a procedere e siamo psicologicamente bloccati; se siamo nella parte finale significa che stiamo congedandoci da ciò che è stato e stiamo consolidando la nostra appartenenza a ciò che saremo (psicologicamente parlando).
Quindi un ponte che crolla ci parla di due terre, di due ere. Queste due ere sono ere collettive ossia sono momenti psicologici collettivi di metamorfosi, ma sono anche momenti psicologici individuali profondamente diversi. Un padre mi dice in seduta: “quello che ho scoperto, alla tenera età di 43 anni, è che tutto ciò che pensavo sarei diventato non lo diventerò, ho scoperto che avevo idee di grandiosità rispetto a ciò che avrei fatto nella vita, ho scoperto che quelle idee erano fantasticherie e che la mia è una vita normale di cui si accorgeranno pochi. Ho sempre pensato che fare tre figli, crescere, lavorare, non avrebbe impedito a quelle idee di avverarsi, ho sempre cercato di mantenere un ponte tra le due cose. Poi il ponte è crollato, sono morte molte idee ma ho capito chi ero diventato e chi sono”.
Dunque questo evento infausto ci colpisce e non potrebbe essere altrimenti. Con il rispetto dovuto a chi lo ha vissuto in prima persona, qui invitiamo a fare tesoro di ciò che collettivamente sta avvenendo e di ciò che individualmente transitiamo.
Sogneremo ponti in costruzione e che crollano e questo ci parlerà di chi siamo.
La caduta di un ponte testimonia la difficoltà di tenere insieme due cose con artefici rigidi. Sarebbe necessaria una continua manutenzione che porterebbe a sostituire l’originale, pezzo dopo pezzo, per vincere l’usura del tempo. Ogni legame così come ogni collegamento ha una sua evoluzione e si modifica al pari delle parti che unisce.
Mi piacerebbe pensare che da questa tragedia si possa uscire ricostruendo un nuovo ponte che, a differenza del primo, riesca a collegare il nostro presente con un futuro più rispettoso e in armonia con la natura.
Caro Vito
Da un punto di vista concreto sono d’accordo con te. MA da un punto di vista simbolico non mi ostinerei a manutenere o a ricostruire. Questo evento ci suggerisce di rinunciare a tenere in comunicazione parti che devono rimanere distinte. Io penso che suggerisca la rinuncia all’idealità del Puer. Un saluto