Lettera alle donne: Pari diritti e altre opportunità

Non sono una donna ma se lo fossi vi avrei scritto ugualmente una “lettera alle donne”, avrei ugualmente sentito l’esigenza di parlare dei diritti e delle opportunità.

Allora lo faccio in qualità di rappresentante del genere maschile; lo faccio consapevole del fatto che, per quanto io mi impegnerò a mettermi nei vostri panni, e lo faccio spesso, sarò comunque e per sempre un ospite di un mondo da cui sono escluso. Ed è proprio questa esclusione che mi crea una certa dissonanza.

Un mese fa ho avuto un incidente, clavicola e costola rotta. Una collega mi disse che poteva avere a che fare con il femminile quella costola e io conclusi che la clavicola, ossia la piccola chiave, si era rotta. Insomma conclusi che non avevo più la chiave con cui entrare in contatto con il femminile.

Per questo vi scrivo. Vi scrivo con il piglio di chi ha perso un anello in spiaggia, vi scrivo con la fretta di chi ha bisogno di trovare la chiave della macchina, vi scrivo con l’angoscia di chi ha perso di vista il figlio di 3 anni in un centro commerciale, vi scrivo perché ne ho bisogno.

Sono un transgender immaginale

Non lo faccio solo per dire.

Avverto una strana convivenza dentro di me. Quella tra tanti personaggi che, come in un musical di Broadway, alternano gruppi di donne e uomini nel cantare la loro personale condizione. Io sto tra gli uomini, quelli animati da turpi pensieri sessuali e, al tempo stesso, da profonde voglie relazionali. So che amate tutti e due mentre io no.

Non riesco a stare in uno spogliatoio con un gruppo di uomini dopo il calcetto per più di 5 minuti. Fatico a parlare insulsamente di vagine e tette come se si trattasse di oggetti di cui appropriarsi. Non riesco a fare dell’onanismo un rito gruppale.

Ma al tempo stesso quelle stesse vagine e tette mi fanno girare la testa quando si presentano davanti agli occhi e le vorrei come se fosse un bel paio di occhiali da sole di marca. Non mi fa onore lo so.

Dall’altra parte ho sempre avuto delle donne per amico, ho sempre trovato il dialogo più nutriente. Ho sempre pensato che l’acutezza paranoica del dialogo con una donna fosse il vero sale dell’esistere e dello stare in relazione.

Ho sempre adorato quella attenzione per i particolari della psiche che agli occhi di un uomo risultavano fronzoli inutili prima di un coito. Ma li ho sempre scansati come tutti gli uomini durante il sesso. Ho urlato, lanciato piatti, amato, ascoltato, condiviso, abbracciato… ho fatto tutto e il contrario di tutto.

Ho semplicemente cercato di essere le due cose insieme e forse per questo sono diventato uno psicoterapeuta.

La psicologia e le donne

Insomma non sto scrivendovi una lettera facendo finta di capirvi, ma non la scriverò alla maniera di quella prima Psicologia che deificò ciò che era femminile.

Che strana cosa proprio la disciplina che più ha invocato la componente animica e femminile dell’essere, la psicologia, è stata inventata e sviluppata soprattutto da uomini. Che strana cosa, però, le reali esecutrici della psicologia sono divenute soprattutto le donne e io, oggi come allora, mi ritrovo a condividere il mio lavoro soprattutto, per non dire soltanto, con donne. E questo mi piace.

Non sono mai caduto nel tranello junghiano di elogiare le donne osservandole da fuori, elogiarle per usarle, per depistarle.

La psicologia fatta dagli uomini ha inizialmente riabilitato la donna imprigionandola nell’essere solo una femmina. E questo non mi è mai piaciuto. Insomma potrei dirvi scrivendovi con limpida sincerità che in me sento colui che vi ha vituperato e al tempo stesso colui che vi ha protetto. Una cosa è certa non ho mai fatto l’esperienza di odiare un uomo e non potrei dire altrettanto delle donne.

Questo mi suggerisce che io sia certamente un uomo. E quell’odio è solo una delle molteplici forme della mia ammirazione.

La storia delle donne

Non riuscite neanche lontanamente a immaginare quanto sia complicato nascere uomini oggi.

Ci danno un corpo e quel corpo sancisce un fatto ineluttabile, che noi siamo fatti della vostra stessa materia, ma che organizziamo la nostra materia da secoli in modo da picchiarvi, stuprarvi, svalutarvi, imprigionarvi, impaurirvi… si è vero, vi abbiamo anche amato e dedicato poesie, ma questa è ben poca cosa.

Sono nato e, non so perché, non chiedetemelo, ma ho avvertito subito l’esigenza di scusarmi. Si, lo so, potremmo invocare qualche esemplare e semplice teoria freudiana per dire che la colpa è “de mi madre”. Ma non è tutto qui. Il mio rapporto col materno mi è noto.

Quello che vi voglio dire è che mi vergogno per quello che abbiamo fatto e non lo dico per fare una captatio benevolentiae, lo dico come chi tutt’ora possiede un ombra che lo spinge a pensare che non capite niente, che avete rotto le balle.

Sono a tutti gli effetti un uomo e non riesco a capire cosa farmene di me.

Cosa farmene? Siete la continua prova del fatto che c’è qualcosa che non va nel modo in cui osserviamo il mondo. Siete la continua prova del fatto che il mondo visto dagli uomini è una distorsione dell’anima, e anche piuttosto grossolana.

Le dee nella donna

Quando vi penso cerco di dire  che ho i vostri diritti e le vostre opportunità. Ma tutte le volte sono costretto a rinunciare.

Non ho le vostre opportunità e quindi non posso avanzare i vostri diritti.

Non riuscirò mai a generare il calore di Estìa che scalda il focolare domestico, non riuscirò ad avere la determinazione strategica e fredda di Atena, non riuscirò a placare le vostre rabbie con la carezzevolezza di Afrodite, non vi proteggerò durante il parto come Artemide e non sarò mai in grado di proteggere i figli come Demetra, alla stessa maniera di una leonessa o di un orsa che difende i cuccioli. Ma non sarò neanche una ninfa, un amazzone o nessun altra donna. Invece sono o potrei essere uno Zeus Farfallone; un Marte rabbioso; un Efesto aggressivo o un Crono divorante.

Allora ecco cosa voglio dirvi… vivo la profonda paura di essere questi uomini, vivo la profonda paura di somigliare a coloro che vi hanno maltrattato. Ogni giorno sto attento a che non si attivi in me questo. Ma ogni giorno mi accorgo del contrario.

Donna e madre

Ah maledetto Freud!

Si lo ammetto quel me che non mi piace spererei vi possa piacere. Vorrei che voi mi osservaste come osservate le cacche dei figli che avete partorito, con l’ammirazione e lo stupore di chi guarda la vita. E sono lì che spero un giorno di poter tornare nel grembo e che voi siate disponibili a darmi asilo nel ventre.

Caspita ho la sensazione che Edipo rispetto a me fosse solo un po’ “nevrotichetto”. Si sono più figlio di Bukowski e Almodovar che narrano, in prosa e in cinescope, il profondo desiderio di tornare nella vagina.

Vi chiedo di essere amanti e madri allo stesso tempo, anzi lo pretendo! E so di sbagliare ma ho un profondo bisogno che siate testimoni della mia crescita e del fatto che “ce l’ho fatta”. Si mi vergogno di quello che vi abbiamo fatto perché, mascherati da figli innamorati, vi abbiamo maltrattato e imprigionato per secoli.

Ma la mia generazione sta capendo qualcosa.

Le mani iniziano a non mulinare nell’aria o sui vostri corpi. Marte ha iniziato a tenerle più spesso in tasca, Efesto ha reciso i fili che vi tenevano legati, Poseidone ha smesso i suoi terremoti e Ade i suoi rapimenti e stupri. Insomma Ci state riuscendo.

Con coraggio siete state capaci di fermarci, o per lo meno avete iniziato a farlo. E questo mi fa sentire meglio. Si perché avverto che la vergona che provo per ciò che abbiamo fatto potrei riuscire un giorno a non provarla più. Ferme, stabili ormai da almeno un secolo non vi spostate e ci dite che “di qui non si passa”. Bene per fortuna ne sentivo il bisogno.

Essere donna oggi

Poi mi rendo conto che per fare questo avete dato ascolto a quelle stesse forze che hanno portato noi a farci vergognare. Allora intravedo e intrasento un pericolo e ve lo voglio dire.

Ve lo voglio dire come Hitler che incontra Trump, ossia come colui che sa da quali immagini si è fatto dominare. Ve lo dico da chi conosce cosa significa tenere imprigionato qualcuno. Non vi fate prendere troppo la mano, vi prego. Non vi fate ammaliare dal potere della violenza. Restate donne e continuate a placare quella violenta rabbia senza divenirne le nuove esecutrici.

Scusatemi anzi mi scuso a nome di tutto il genere maschile. Mi scuso con il cosmo per averlo privato nei secoli di tante menti geniali che abbiamo tacciato di stregoneria o di non so cosa altro. Mi scuso con l’umanità perché non so nel nostro personale olocausto, noi uomini chi abbiamo imprigionato impedendogli di esprimere un contributo che avrebbe salvato il mondo.  E mi scuso con gli uomini per aver fatto questo a loro stessi

Quale futuro

Allora gentili e oneste come parete, donne risorse dell’umanità, siamo oggi chiamati a cambiare le vostre e le nostre sorti e siamo chiamati a una responsabilità, ossia che non si ripeta nelle generazioni future ciò che è accaduto.

Per non dimenticare vi scrivo queste poche righe e vi metto in guardia dall’uomo che è in voi. Quello stesso uomo che ha apprezzato il potere, la forza, la sensazione di controllo, l’agiatezza dell’egocentrismo, il gusto e l’amore per la guerra, il piacere della dominanza sessuale… io conosco bene quell’uomo e lo combatto tutti i giorni per voi, in onore e per vostro rispetto. Ma soprattutto lo combatto per me perché non mi da alcun piacere essere un portatore sano di quel germe.

Insomma vi tutelerò e lo faccio esclusivamente per me.

Questo è il mio personale tributo e questo è il dialogo quotidiano che ho con il femminile che è in me.

Ogni giorno cerco di non ammansire, imprigionare e maltrattare anima ad opera dell’animus. Ogni giorno mi impegno a ricordare che l’accoglienza, che il sentimento, la pluralità, la difesa della vita sono funzioni fondamentali per la mia sopravvivenza e quella di tutto il genere umano. E ogni notte rischio di dimenticarlo.

A volte ho il timore che quello che ha mosso la rivoluzione che è in corso, quella che porta ai pari diritti e alle medesime opportunità sia comunque ancora figlia dell’animus, del maschile, del gusto del potere. Allora spero in cuor mio che questa sia solo l’ennesima e ineliminabile proiezione di un uomo che fatica ad accogliere l’accoglienza.

Insomma cerchiamo insieme di trovare  l’equilibrio tra ciò che è maschile e femminile nella psiche. In fondo questo è lo scopo della terapia. La terapia che ricerca, come faceva l’alchimia, la coniunctio tra noi e voi. Infine vi rammento che qualche uomo è spesso un bravuomo. Allora tutto sommato è semplice per noi come per voi, basta non farsi ammaliare dalle proiezioni di quei maschili che tanto ombrosamente si impegnano nel maltrattare la psiche.

Ma resta un fatto. Molte di voi continuano a vivere atti di violenza, maltrattamenti e proprio a voi continuo a presentare le mie scuse. Così facendo mi scuso con me per tutte le volte che mi sono trattato alla stessa maniera. Si perché la storia è vuota di donne dittatrici e questo mi suggerisce, e con invidia di uomo, che il saper vivere è donna. E se questa fosse solo un illusione ammetto di non poter fare a meno di sentirla come necessaria alla mia sopravvivenza e a quella di tutti.

P.S. Aspettiamo una lettera di una donna agli uomini! Chi si fa avanti?

P.P.S. CLICCA QUI per leggere gli archetipi del femminile

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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