Che maschera sei?
In ogni momento della tua vita indossi una maschera.
In questo momento ad esempio stai indossando la maschera del lettore. Spero ovviamente non la maschera del lettore annoiato.
A che serve la maschera che indossi?
1 – Essere e Apparenza
In primo luogo, il tema della maschera mi porta subito a riflettere su essere e apparenza, dove l’apparenza è il condannato di turno, mentre l’essere è la virtù a cui tendere.
Provo però a trascendere per un istante il giudizio, guardando l’etimologia di apparire.
Apparire: venire alla luce.
“Una maschera ci dice più di un volto.” (Oscar Wilde, Penna Matita e Veleno)
Quindi la maschera, portavoce dell’apparenza, è l’oggetto che mi permette di far venire alla luce una parte di me che fino a quel momento era rimasta nell’oscurità.
Ma non solo…
Molto bello è l’incipit del libro di Bruno Meroni:
La “persona” nell’antica commedia latina era la maschera che serviva a connotare immediatamente il personaggio al primo apparire in scena. Oggi la “persona” è la vivente carta d’identità di cui ognuno è portatore nel vissuto sociale, come una vera maschera, quanto più evidente e riconoscibile è il segnale che trasmette, tanto più credibile e accreditato è il ruolo che propone. Fatto che conferisce alla Persona un enorme potere: come non si può indossare una maschera senza venirne condizionati, così, alla lunga, la Persona modifica la natura intima di chi la porta. Da qui la drammatica tensione fra anima e Persona, fra soggetto e collettività, fra essere e apparire.
2 – Carnevale: il vantaggio di essere molti
Dagli egiziani fino ad oggi, il carnevale è la festa della finzione, ovvero del fingersi qualcuno.
Quando indossi una maschera diventi quella maschera. Durante il carnevale, ad esempio, puoi essere chi vuoi.
L’immaginazione muta nel tempo, e oggi esistono nuove maschere come Batman e i supereroi, Frozen e le Tartarughe ninja… che hanno preso il posto delle classiche maschere di carnevale che conosciamo (Arlecchino, Pulcinella…). Oltre il Carnevale esistono anche altre feste in maschera, come Halloween.
Tutti questi personaggi indicano la nostra capacità di essere molti. Indossare una maschera ci permette di andare oltre l’artificio di essere un unico Io.
Anche se, come ci ricorda Remo Bodei, la società ci preferisce individuati e unici.
La società ci incatena al principio di individuazione perché vuole vincolarci alle nostre azioni e ai nostri pensieri (in quanto preludi all’agire), identificarci con un unico e permanente io. La natura fissa ciascuno in determinate fattezze corporee, attribuendogli determinate ascendenze famigliari; la società pretende poi di classificarlo secondo i propri parametri. Entrambe cospirano nel trasformarlo in un “individuo” perché lo vogliono – alla lettera – indivisibile e sempre uguale a se stesso, ossia integro, cosciente e responsabile. (Remo Bodei)
L’unità della personalità è un’illusione che prima o poi svanisce, dando spazio ad una luce (appariscente) che illumina il nostro essere molti.
Un esempio poetico è stato sicuramente Fernando Pessoa, il poeta fingitore, che finge diverse maschere (Alvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro… per citare le più famose). [CLICCA QUI PER LEGGERE L’APPROFONDIMENTO SU PESSOA]
3 – Fingi per essere te stesso
C’è un detto che dice:
Fake it ‘til you make it
Fingilo finché non lo riesci a fare
o anche
Act as if
Agisci come se
È un detto che mi piace molto perché la finzione è un’azione che “prescrivo” molto ai pazienti che non riescono a fare emergere alcune parti di sé.
Come si impara a far uscire un nuovo se stesso?
Fingendolo, ovvero plasmandolo, foggiandolo, costruendolo e modellandolo. Su questa dinamica si basano anche la teatroterapia e lo psicodramma archetipico.
Marco, ad esempio, non riusciva a far uscire la propria parte marziana, nel gergo moderno la parte “cazzuta“, una parte che desiderava molto. Così gli proposi di agire come farebbe un attore.
Scegli un modello. Diventa il bambino che deve imparare. Studia la parte e recitala.
Le prime volte sarai goffo e impacciato, ma con il tempo, indossando sempre la maschera di Marte, il dio della guerra, diventerai più pratico e alla fine farà parte della tua personalità.
Se è vero che il carattere non si cambia, possiamo sempre arricchirlo con nuove maschere e nuovi copioni.
Nella psicologia archetipica siamo plurali.
Storicamente tutti gli psicoanalisti hanno avuto l’esigenza di dividere la nostra persona in più parti. Ad esempio Freud con l’Io, l’Es e il Super-Io; Erich Berne con l’Io Genitore (Esteropsiche), l’Io Adulto (Neopsiche), l’Io Bambino (Archeopsiche); lo stesso Jung aveva individuato diversi archetipi come il Puer Aeternus, il Senex, e molti altri ancora.
Ormai sappiamo che le parti che ci abitano non sono solo 3, 4, o 10, ma sono tendenti all’infinito. In fondo, se è vero ciò che dice Aristotele, ovvero che l’Anima è un numero che muove se stesso, sappiamo che i numeri sono infiniti e di conseguenza le possibilità della nostra psiche sono esse stesse infinite.
Mi sento multiplo. Sono come una stanza dagli innumerevoli specchi fantastici che distorcono in riflessi falsi un’unica anteriore realtà che non è in nessuno ed è in tutti. (Fernando Pessoa)
4 – Maschere che proteggono
Siamo persone.
Etimologicamente quindi siamo per-sonae (a favore del suono), ovvero siamo le maschere che usavano i latini negli spettacoli teatrali.
Non indossiamo maschere.
Siamo maschere.
Questo è un concetto Pirandelliano.
Secondo Luigi Pirandello siamo come grandi ed evoluti lumaconi, o molluschi. Abbiamo bisogno del nostro guscio che, metaforicamente, è rappresentato dalle maschere.
Le maschere preservano le nostre parti più intime per non lasciarle allo scoperto.
Immagina di vivere senza pelle. Sarebbe un inferno. Allo stesso modo abbiamo bisogno di maschere per proteggerci dall’inferno dell’Altro.
Conclusioni
Indossare una maschera è una necessità.
Può essere costruttiva per la psiche quando permette di far venire alla luce qualcosa di noi e ci protegge. Quando ci permette di ascoltare la nostra molteplicità.
Può risultare distruttiva quando nasconde le paure e le debolezze, rischiando di trasformarle in mostri.
Infine, concludo questo articolo lasciando la parola a William Shakespeare:
Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.
P.S. CLICCA QUI per leggere PSICOLOGIA DEL CARNEVALE
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Dott. Mezzanotte,
Interessante il suo punto di vista, che mette in Luce i diversi volti che indossiamo senza esserne consapevoli….
In un’incontro organizzato ho parlato della maschera secondo l’approccio della Bioenergetica di A. Lowen e l’importanza di percepirla x scoprire l’Allegria …
Cara Mara
grazie mille. Molto interessante il lavoro sulla bioenergetica e la maschera.
Spero ci sarà occasione di confrontarci.
Un’occasione per conoscerla personalmente, confrontarci e condividere un tema ad entrambi ( sembra) caro.
Buon lavoro
Articolo molto piacevole, like meritato! Mi fa riflettere la domanda :”Qual’è la tua maschera preferita?” Apparentemente semplice ma, alla quale, io, personalmente, non so dare una risposta. Grazie per lo spunto di riflessione.
Grazie Francesca. Si effettivamente è complessa come domanda, potrebbe non esserci un’unica risposta!
Potresti pensare per esempio al tuo personaggio cinematografico preferito e al suo carattere, ciò ti darà sicuramente un’indicazione.
Articolo molto interessante che mi fa rammentare l’opera del sociologo canadese Erving Goffman “La vita quotidiana come rappresentazione”. La vita sociale è una rappresentazione (metafora drammaturgica) e si divide in spazi di palcoscenico e di retroscena… Grazie dott. Mezzanotte
…non conoscevo questo autore. Ovvero solo nominato, mai letto. Ora ho l’obbligo di leggerlo. Grazie a te per la segnalazione.
La metafora teatro/vita è molto presente nella psicologia analitica e archetipica.
Bellissimo argomento,a me piacerebbe essere (se lui fosse una maschera)l’inventore della Apple (mi scuserete ma mi sfugge)di successo e geniale.Ecco vorrei essere colui che ha detto:”siate folli”
Bella intuizione! I personaggi mitizzati “ascendono” a maschere, a miti e rappresentano una parte di noi 🙂
Salve dott.Mezzanotte, ciò significa che in fondo (molto in fondo), sono o aspiro ad essere geniale e folle come S.Jobs?
Sarebbe da approfondire. Però si, devi assolutamente vedere cosa rappresenta Jobs dentro di te!
Like meritato.
Non posso definire quale maschera sono, psichicamente sono molte maschere, come sono molte “persone”, ognuna di esse ha la sua maschera. Alcune posso controllarle, altre no e queste ultime vivono vita autonoma e si mostrano quando vogliono. Di alcune ho scoperto l’obiettivo celato, altre non le conosco neppure.
Dovessi definirmi a chi mi chiede chi sono dovrei rispondere “Uno, nessuno, centomilaà.
Oppute “sono una molteplicità di “io” psichici nell’unità di un corpo fisico”
Grazie mille Francesco!
Bellissima risposta… una nessuna e centomila. Recentemente sto notando che i bambini piccoli spontaneamente tendono a parlare, sicuramente è un indice di pluralità.
Un’aggiunta al mio commento di ieri. Stanotte pensendo a quanto letto sul blog stavo riflettendo che i termini maschera e persona, se l’etimologia della parola è corretta, significano la stessa cosa.
Quindi ognimia molteplice persona-lità è, alla fine, una maschera.
A me il carnevale mette tristezza, come sempre, da piccola mi identificavano subito e dicevano che era facile capire chi fossi, perché zoppicavo, anche se il vestito che aveva cucito mia madre era bellissimo e potevano ammirare quello, ma tanto, anche io ho maschere e zoppico
4.5
5
È da un po’ che sto notando che il mio comportamento e il mio carattere cambiano a seconda delle persone con cui sto e a volte anche di parecchio. È un qualcosa che non ho deciso io, se provassi a scegliere una di queste maschere ed usarla con tutti non ci riuscirei, mi esce naturale usarla solo con quelle persone con cui è nata. Credo che nascano in modo spontaneo da quello che io penso che gli altri pensino di me. Mi spiego meglio facendo un esempio: se io penso che un mio amico mi trovi particolarmente simpatico, allora tendo ad essere più simpatico con lui che con gli altri, oppure se io penso che una persona mi trovi intelligente allora tendo ad esserlo realmente con quella persona. È strano come il mio essere cambi così tanto a seconda di con chi sto e questo articolo forse mi ha reso le idee più chiare al riguardo, in ogni caso molto interessante