La forza di Star Wars: una lettura psicologica
Il cinema sotto le feste è sempre un grande spettacolo.
Molti più film programmati di quanto, le cinque sale del multisala di Rieti, possano contenere. E tanti spettatori come non se ne vedevano da tempo. Bambini vicini ad anziani, adolescenti che fumavano furtivamente una sigaretta nel vicolo più in basso prima che aprissero le porte. Certo gran parte del pubblico stava lì per Checco Zalone stando agli stratosferici incassi in tutto il territorio nazionale ma anche gli altri film si sono saputi difendere.
Se di queste feste qualcosa ci portiamo via, è la vittoria della settima arte, quella che non ha una propria musa perché più giovane delle fonti mitologiche a cui, noi psicologi archetipici, piace tanto rivolgerci. Ma poi è davvero cosi?
Tra tutti i film proposti la mia scelta non poteva che non cadere sull’ultimo episodio della moderna trilogia di Star Wars.
Come fan potrei essere considerata blasfema, una reietta, non degna di indossare la maglietta con il volto della Principessa Leia o di possedere numerosi gingilli a tema perché lo scorso sabato sono andata al cinema con lo stesso entusiasmo con cui andai a vedere la trilogia pre sequel.
Star Wars Episodio IX: L’ascesa di Skywalker
Il capitolo conclusivo della terza trilogia della saga di Star Wars. Per essere nato come un film a basso costo, nel 1977, con attori allora sconosciuti, a cui credeva solo il giovane regista George Lucas ne ha fatta di strada. Siamo nel 2020 e ancora a congetturare su Jedi, Sith, la forza, i vivi, i morti e i resuscitati.
Si potrebbe parlare della trilogia di Star Wars più contestata di sempre, solo ad avere la memoria corta. Perché ogni film della saga è stato ampiamente contestato ai tempi della loro uscita come a dire che un film di Star Wars non può essere distribuito senza un nutrito popolo di detrattori anche tra le fila dei fan.
Con la pazienza, e forse qualche decade, anche questa trilogia moderna sarà rivalutata così come è accaduto al pre sequel. E la pazienza, per chi conosce l’universo creato da George Lucas, è virtù dei Jedi.
Pazienza che dovrà acquisire anche chi sta leggendo questo articolo perché ancora non ne ho palesato le intenzioni. Posso solo rassicurare che non è presente alcuno spoiler.
Primo insegnamento Jedi: la pazienza
Ci troviamo nel paludoso pianeta di Dagobah quando Luke Skywalker incontra per la prima volta il Maestro Jedi Yoda. Da una parte abbiamo un puer irruento che vuole imparare quanto più possibile nel più breve tempo, dall’altra un “signor” senex di 900 anni saggio e avvizzito. Un primo scontro dialettico dal quale si impara proprio dell’importanza del rispettare il giusto tempo per ogni cosa e appunto della pazienza.
Quando si nomina questa virtù subito la mente va a come riempire il tempo dell’attesa per evitare che questo sia tempo vuoto, sprecato. Eppure il paziente è colui che sa stare con la sofferenza, che ha la capacità di tollerare, di sopportare se ci affidiamo al dizionario etimologico per spiegarne il termine.
Anche in medicina il paziente è colui che ha una patologia e si rivolge al medico per la cura. Quando non tolleriamo una sofferenza, quando vogliamo eliminarla, lì non siamo pazienti. Quando vogliamo comprimere tutto il tempo per arrivare subito al sollievo non siamo pazienti. Quando non vogliamo attendere che Yoda mangi le sue buone radici non siamo pazienti e non siamo ancora nemmeno apprendisti.
Secondo insegnamento Jedi: la Forza
La grandezza non conta. Guarda me, giudichi forse me dalla grandezza? Non dovresti farlo infatti, perché mio alleato è la Forza, ed un potente alleato essa è! La vita essa crea ed accresce, la sua energia ci circonda e ci lega; illuminati noi siamo, non questa materia grezza! Tu devi sentire la Forza intorno a te, qui, tra te, me, l’albero, la pietra, dovunque! Sì, anche tra la terra e la nave (Yoda)
La Forza viene presentata come un’energia vitale che pervade tutto l’universo e permette la vita. Un concetto che prende vita da filosofie molto più antiche dello Jedismo moderno o della mente di George Lucas e che ci permette di giungere alla forza, questa volta volutamente con la lettera minuscola, di Star Wars.
Perché, per quanto non si voglia mettere in discussione la genialità per aver creato una intera galassia, si deve pur ammettere che questa sembra aver acquisito una propria reale consistenza che va ben oltre le intenzioni del creatore. Tutto un universo ideato magistralmente che adesso sembra essere in grado di sorreggersi da sé. Ma da dove giunge questa spinta?
Terzo insegnamento NON Jedi: il regno immaginale
Abbiamo bisogno d’un io immaginale che si senta a proprio agio nel regno immaginale, d’io che possa intraprendere il compito principale oggi di fronte alla psicologia: la differenziazione dell’immaginale mediante la scoperta delle sue leggi, delle sue configurazioni e atteggiamenti di discorso e delle sue necessità psicologiche (J.Hillman, Re-visione della psicologia, p.86)
Per leggere ogni creazione umana come creazione e spinta della psiche a palesarsi, abbiamo bisogno di un occhio addestrato alle immagini, un occhio che riesca a cogliere le trame sotterranee alla superficialità, che non si faccia trarre in inganno dalla sfarzosità ma che badi dritto all’essenziale. E l’essenziale è sempre la psiche.
La “galassia lontana lontana” ci ricorda un altro regno altrettanto distante, il regno immaginale, che oggi definiamo anche inconscio. Inconsci, però, siamo noi che non percepiamo questo regno delle immagini e degli archetipi piuttosto che il regno stesso perché le immagini, come e quando vogliono, si palesano. Quando nei sogni, quando nei sintomi, quando nelle idee, quando serpeggiano nelle trame dei film. Più siamo inconsci della loro influenza, più si attuano con maggiore forza. Nulla può essere creato, agito se prima non è stato immaginato. E tutto ciò che è immaginato abita quel regno.
Conclusioni: l’uomo che si è fatto strumento
Merito di Lucas è quello di essersi fatto abitare da parte degli abitanti del regno immaginale e di averli trasportati su pellicola. Merito è di aver “svecchiato” la mitologia infondendogli nuova linfa. Merito è di essersi fatto strumento, come uno psicologo si fa strumento per il suo paziente. Entrambi al servizio delle immagini della psiche. Un primo assaggio.