L’ipnosi non cura
Partiamo da un assunto fondamentale: l’ipnosi non cura. Come lo specchio di Alice distorce e svela immagini impensabili della Psiche. Fornisce l’accesso ad immagini inconsce le quali, solo successivamente, potranno essere usate per fare terapia.
Pertanto, scopriamo insieme a cosa serve l’ipnosi, quali sono i miti e le verità su una tecnica psicoterapeutica tanto affascinante quanto misteriosa.
Comunicare
L’ipnosi è una vera e propria forma di comunicazione in una relazione tra due o più persone, un passaggio tra il mondo infero e quello supero della psiche.
In terapia esistono diverse forme di comunicazione. La più classica è la parola, ovviamente. Un’altra forma di comunicazione tipica della relazione terapeutica, ad esempio, è il sogno.
Il sogno e l’ipnosi hanno in comune il fatto di far emergere contenuti inconsci che non potrebbero venir fuori solo con la parola cosciente.
Infatti, non tutte le persone prediligono la parola per comunicare con l’altro. La psicoterapia, per essere funzionale, deve essere pronta ad accogliere tutti i tipi di comunicazione: corporea, letterale, scritta, immaginale…
Un po’ di storia
Freud diceva che per conoscere la psicoanalisi bisognava conoscerne la storia. Possiamo mutuare questa affermazione all’ipnosi.
I primi riti ipnotici risalgono agli uomini primitivi presso i quali, attraverso danze rituali o assunzioni di sostanze psicotrope, si faceva esperienza di uno stato alterato di coscienza.
Presso la cultura greca l’ipnosi era una forma di Hypnos, di sonno, in particolare di sonno magico.
In seguito molti filosofi – Ficino, Paracelso, Pomponazzi, Bacon – trattarono il tema dei diversi stati di coscienza.
Approdiamo così in una Vienna del XVIII secolo dove la controversa personalità di Mesmer provò ad utilizzare un principio di ipnosi per “curare” fisicamente i suoi pazienti. L’esigente Vienna, tuttavia, respinse questa visione “magica” della medicina e Mesmer si rifugiò in una più ricettiva Parigi dove trovò la sua fortuna.
Successivamente molti allievi di Mesmer approfondirono il tema, fino ad arrivare a colui che coniò il termine ipnosi: l’oculista Braid.
Furono Breuer e Freud, in modi diversi – rimozione catartica e rimozione diretta – a tentare di usare l’ipnosi per i mali dell’anima.
Così arriviamo, finalmente, a colui che possiamo considerare il padre dell’ipnosi moderna: Milton Erikson.
Ci vorrebbe un articolo a parte per questa figura così importante per la psicologia, e nemmeno basterebbe.
Erikson è il tipico medico malato che cura se stesso per poi curare l’altro con la stessa tecnica. Vi invito pertanto ad approfondire la sua bellissima biografia ricca di eventi incredibili e colpi di scena.
A cosa serve l’ipnosi?
L’ipnosi serve principalmente a comunicare una parte di sé apparentemente inaccessibile.
Si usa principalmente in tre campi:
1. Psicologico: nella cura complessa – e non per curare – l’ansia, paure e fobie, dipendenze, disturbi psicosomatici, tic, ossessioni, disturbi sessuali, amensia, astenia,…
2. Medico: in ambito anestetico, in sostituzione o a complemento di alcuni processi anestetici.
3. Sportivo: come visualizzazione di movimenti da allenare. Per esempio, si è scoperto che immaginare in stato ipnotico un movimento sportivo dà lo stesso beneficio neurale rispetto al compiere la medesima azione sul campo.
Come si ipnotizza?
Quando si ipnotizza si devono tenere in considerazione tre momenti del processo ipnotico.
1. Preparazione all’ipnosi: in questo momento, che può variare in numero di sedute, si deve coltivare ed esplorare una dimensione fondamentale per l’ipnosi: la fiducia. Senza fiducia non è possibile entrare in contatto ipnotico profondo.
2. L’ipnosi: l’induzione ipnotica può essere compiuta attraverso diverse metodologie, la voce, in canto, la danza, un oggetto – come l’iconico pendolo -, il tocco, il contatto o il movimento oculare. Ognuno di noi reagirà in modo diverso a seconda delle proprie personali propensioni.
3. Il post-ipnosi: durante la seduta usciranno contenuti inconsci. Questa è la fase più importante dell’ipnosi. La fase nella quale si prendono in cura le immagini emotive e inconsce che sono emerse durante l’ipnosi.
Ricorderò tutto dopo l’ipnosi?
Può darsi, ma non è detto. Dipende dal livello di profondità dell’ipnosi. Infatti esistono diversi gradi di abbandono ad altri stati di coscienza: da un abbandono più superficiale, al dormiveglia, al sonnambulismo, alla trance stuporosa, che avviene solo in rarissimi casi.
E l’ipnosi regressiva?
L’ipnosi regressiva è quel processo che ci dovrebbe portare indietro nel tempo a quando eravamo bambini, o addirittura all’immaginazione di vite precedenti.
È bene che tu sappia che questo tipo di ipnosi non ha correlati scientifici.
Io, personalmente, l’ho provata ed è stata una bellissima esperienza. Indimenticabile. Consapevole del fatto che fossero immagini psichiche.
Siamo tutti ipnotizzabili?
No. Le componenti fondamentali per entrare in ipnosi sono fiducia e capacità di abbandono. Non è possibile ipnotizzare contro la volontà altrui.
Conclusioni
Ho cercato di rendere più chiaro il processo ipnotico che, tuttavia, contiene ancora altre complessità non esplorate.
Entrare in contatto con l’ipnosi significa sprofondare nell’inconscio, nel mondo infero di Pische, pertanto incontreremo sempre il mistero e l’oscurità ad attenderci con tutta la sua potenza, bellezza e pericolosità.
Infine vi invito, se volete provare l’ipnosi, a non affidarvi a finti professionisti, ma a Psicoterapeuti, siano essi medici o psicologi.
P.S. CLICCA QUI per leggere L’ipnosi ai tempi di Freud
P.P.S. CLICCA QUI per leggere 10 Curiosità sul padre della Psicoanalisi
P.P.P.S. Su youtube vi invito a cercare un servizio di qualche anno fa delle Iene, proprio sull’ipnosi. È ben fatto e molto esplicativo.