Il Natale del silenzio e dei cambiamenti 

Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla (Lao Tzu)

In questo dicembre ha lasciato la vita terrena anche Paolo Rossi. E con la sua morte sembra essere definitivamente tramontata un’epoca intera. Da una marea di tempo non si assisteva a cambiamenti epocali come quelli successi nel 2020. La morte di Kobe Bryant, di Ennio Mrricone, di Sean Connery, di Gigi Proietti e di Paolo Rossi e di Maradona hanno costellato un anno per troppi versi tragico, su cui ha aleggiato l’oscurità della pandemia con le relative misure di distanziamento e sicurezza. Tutto questo ha segnato e segnerà uno spartiacque: prima del 2020 e dopo il 2020. Anche questo Natale sarà il Natale del silenzio, privo di abbracci o di incontri e cenoni. Nessuno avrebbe mai potuto scommettere un solo centesimo su tutto questo, su questo mastodontico cambiamento. Perché nessuno è mai davvero preparato ai cambiamenti. È una delle grandi paure di ciascuno di noi: l’imprevedibile. E se i cambiamenti fossero la più grande comodità che ciascuno di noi possa desiderare?

Il rumore del cambiamento 

Fare un nuovo passo, dire una nuova parola, è ciò che la gente teme di più (Fëdor Dostoevskij)

Prima di continuare a leggere, vi chiedo di immaginare il suono che per voi ha il cambiamento.

Tutto ha un suono. Che sia fisico, immaginario, dell’anima. Ogni grande amore, ad esempio, ha la sua canzone. Ogni addio ha la sua canzone. E perfino il cambiamento ne ha uno. Si può immaginare il cambiamento con il frastuono di un uragano, con il rombo del terremoto (che sembra salire dalle profondità della terra), con il cigolio di una porta, il rumore di passi, il rombo di un aereo e così via. Ma dopo tutti questi rumori, resta un suono preciso: il silenzio.

Pensateci. Pensate a tutti i momenti di cambiamento della vostra vita. Pensate ai vostri punti di svolta. E se lo fate davvero, mi darete ragione: il silenzio ha segnato questi momenti.

Il silenzio è un rumore che lascia spazio ai pensieri che di solito proviamo ad evitare. Nei supermercati, nei negozi, spesso c’è una musica di sottofondo. Alcuni sostengono sia una distrazione messa lì proprio per evitare che i clienti pensino che forse quell’oggetto non serve davvero o che costa troppo. È il rumore di chi trae le somme.

Durante il lockdown di primavera abbiamo assistito ai canti dai balconi: momenti per dirci che eravamo meno soli o che la musica può vincere. Ma finite quelle canzoni si tornava in casa. E ci si accorgeva che anche il traffico delle città si stava interrompendo. Abbiamo avuto un intramezzo con le ferie estive, a cui oggi si attribuisce la responsabilità della seconda ondata del Covid-19. E dopo la musica dell’estate siamo tornati nel silenzio delle saracinesche abbassate, dei ristoranti e dei bar chiusi, delle attività sportive sospese. Gli stadi sono vuoti. Così come sono impraticabili i concerti. Così come ci viene chiesto di mantenere in silenzio momenti che di solito erano accompagnati da musica e chiasso: Natale e Capodanno. Questo sarà il Natale del cambiamento. Il Natale del silenzio. Il Natale in cui tante famiglie saranno spezzate.

Chi di noi avrebbe puntato un centesimo su tutto questo? Chi di noi avrebbe scelto un cambiamento del genere?

Scegliere i cambiamenti 

Sono convinto che anche nell’ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino (Giacomo Leopardi)

Ci sono i tempi e i templi del silenzio. C’è chi medita in silenzio. Chi riflette in silenzio. E chi sceglie invece il rumore. Ci sono donne e uomini che entrano in monastero o che iniziano corsi di meditazione e percorsi individuali dominati dal silenzio. E ci sono donne e uomini che lasciano le comodità di casa e vite agiate per immergersi nelle periferie povere e chiassose, per sentirsi più vicini alla sfera del divino o all’umanità stessa. E in queste differenze c’è la differenza – evidente – fra tempi e templi. Il tempo, tiranno silenzioso delle nostre vite. I templi, fisici o immaginari, luoghi per l’anima. Sembrano entità con poco in comune, ma, come spesso accade, sono intimamente connesse.

Molto spesso ci sentiamo vittime del tempo. Le scadenze sono sempre troppo vicine. Tante persone sembrano uscire dalle nostre vite troppo in fretta. E perfino il tempo che possiamo passare nei templi, fisici o immaginari, sembra sempre troppo risicato.

Questo 2020 ci ha messo di fronte all’ipocrisia della nostra richiesta di tempo. Nessuno avrebbe mai chiesto di essere costretti a passare giornate intere chiusi in casa. Ma in molti avremmo chiesto giorni liberi, senza doverci imbottigliare nel traffico, senza dover correre di qua e di là, per andare ad accompagnare e riprendere figli nello sport o con impegni simili. In molti avremmo chiesto la libertà di passare più tempo con le nostre famiglie, a cucinare pizze o a preparare dolci in libertà. In molti avremmo chiesto il tempo per leggere, guardare film o serie tv. Ma tante volte i desideri non si realizzano proprio come li avremmo immaginati.

A proposito del Natale, in molti avremmo chiesto la possibilità di non essere “costretti” a passare i pranzi e le cene delle feste con parenti che magari ci sono anche antipatici. Ma oggi abbiamo l’occasione di sentirne la mancanza.

Ci sono delle situazioni che non siamo in grado di prevedere: gli imprevisti, appunto. Ed è comprensibile che ci facciano molta paura. Abbiamo spesso l’illusione di avere gli strumenti, se non addirittura il diritto di controllare il nostro destino. E se possiamo controllare il nostro destino, possiamo mettere in atto scelte. Dalle più semplici a quelle decisive. I cambiamenti radicali sono le scelte più difficili da compiere. Tanto difficili che evitiamo di sceglierli, il più possibile.

Ed ecco che, a volte, la vita ci rende tutto più semplice. Sceglie per noi. Anche se non sceglie ogni cosa che desideravamo. E ci costringe ad adeguarci o a subire. Ecco la vera possibilità di essere liberi. Come insegna un film che vedremo in tv nei prossimi giorni – “Mamma, ho perso l’aereo” – bisogna fare attenzione ai desideri che esprimiamo. E questo 2020 ci ha costretti tutti a essere un po’ Macaulay Culkin, il protagonista del film, bambino costretto a difendere la propria casa dai ladri. Tutti noi, con diverse gradazioni di difficoltà, oggi siamo chiamati a difendere la nostra salute e la nostra normalità. Siamo chiamati ad adeguare le nostre abitudini, anche il nostro modo di vivere le festività. E la sfida è tra subire il cambiamento o cambiare noi stessi in unione al cambiamento stesso. Perché forse un cambiamento radicale è proprio quello di cui abbiamo bisogno per ristabilire il peso dei simboli dell’anima. Anche attraverso il silenzio a dominare le nostre festività.

Conclusioni

Si conosce ciò da cui si fugge, ma non quello che si cerca (Montaigne)

Il 2020 sarà ricordato come un anno di modifiche sistematiche. Di cambiamenti radicali. Siamo all’inizio del Natale del silenzio. Un Natale diverso e che, probabilmente non avremmo mai scelto. Ma in tutti i desideri che esprimiamo, esplicitamente o meno, c’è sempre una importante dose di imponderabile. C’è sempre qualcosa che potrebbe far mutare il nostro desiderio, da sogno a incubo. Chiediamo i cambiamenti, ma abbiamo paura di sceglierli. E la vita, per sua natura, cambia per noi. Cambia e ci lascia in silenzio. Il rumore perfetto per scegliere se vivere il cambiamento o subirlo.

P.S. CLICCA QUI per leggere La malinconia del Natale: analisi immaginale

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Info sull'autore

Teresa Di Matteo

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

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