La verità sul sesso

Gli uomini non parlano di sesso tra loro, o almeno non gli eterosessuali. Le donne si, e con ricchezza di particolari, mentre i pochi uomini che ne parlano, lo fanno solo con le loro partner. Tra gli uomini, i discorsi di sesso diventano vanterie da adolescenti e maschilismo tutto muscoli e palestra (J.Hillman, Sex talk)

Dall’ostentazione massima alla più rigorosa pudicizia, trattenendo o sfogando, volgarmente o in modo aulico, pervertendo, invertendo, vertendo, maliziando… insomma non c’è psicologo che alla fine non debba fare i conti con Freud e con i totem e i tabù che muovono il mondo. Ma parlare di sesso nella stanza d’analisi è un auspicabile punto di partenza piuttosto che un improbabile punto d’arrivo. Cerchiamo di vedere il perché.

Farsi tentare dalla verità

Ah! Come sarei tentato, alla maniera di Hillman di fare un elenco di parole pornografiche, ma non è questa la sede di invocare dèi a vanvera. A proposito sapete cosa è la Vanvera? Serviva per attutire i peti della nobiltà. Insomma, sembra che il sesso richieda sempre di essere attutito nelle parole. Ma non penso che vi sia una distinzione così netta che possiamo fare del modo in cui donne uomini parlano tra loro di sesso. Il tentativo di Hillman rientra in quella cultura junghiana che aveva la pretesa di intuire qualcosa sulle donne mentre, da uomo, io non penso si possa avere accesso a quei contenuti. E dirò di più questa di Hillman sembra una scadente stereotipia che somiglia a una captatio benevoletiae nei confronti delle donne. Ah quanto junghismo è scaduto nell’adulazione mascherata da accademica ricerca dell’anima! Ma torniamo a noi.

Nessuno parla delle viscere

Parlare di sesso è questione viscerale. Ma più in generale è viscerale parlare delle sensazioni. Parlare delle papille gustative che si inturgidiscono mentre i dotti salivari irrorano il cavo orale per amalgamare il pezzo di cioccolata che si scioglie rendendo scivolosa la lingua che sguazza per eccitare tutte le sue parti come ninfa vogliosa.  Ma ancora… nessuno parla della dilatazione dei muscoli sfinterici nell’atto dell’evacuazione o dei brividi e peli ritti che, inturgiditi, ci informano sul profondo piacere della minzione. E non dimentichiamo gli altri sensi che, seppur senza tabù, ci pongono nella stessa condizione. Allora tutti parlano dell’emozione e della bellezza di pezzi musicali, ma nessuno descrive le sensazioni dei recettori dell’orecchio di fronte a un pezzo dei Pink Floyd. Allora per viscerale ci vogliamo riferire semplicemente a questo, ossia a tutte le sensazioni che sono legate al corpo. E tutte, ma proprio tutte rischiano di essere pornografiche perché il corpo, è un antico retaggio, ma rientra nell’alveo della pornografia e con lui tutte le immagini e le fantasie che si riferiscono al corpo.

Nella stanza d’analisi

Poi si arriva in terapia e in quella stanza, limitatamente a quella, improvvisamente i tabù si mettono il tutù. Si è vero che i pazienti a volte resistono o latitano, ma, dopo un po’, tutto diventa parlabile. L’indicibile diventa dicibile. E allora anche un fallo storto, piccolo o troppo grande, una vagina chiusa oppure troppo aperta, gradualmente diventano semplicemente modi della forma. Un fallo esile deve semplicemente trovare agio nel suo muoversi, una vagina deve giocare con le sue labbra. Penso che il sesso è quella situazione in cui siamo improvvisamente dotati di due corpi, siano essi omosessuali o eterosessuali, e che in terapia tutto torna alla sua sacrale e banale materialità. È proprio ammettendo questa banalità della sensazione che allora si può giungere a prendere contatto con l’immaginazione.

La verità

Ma la verità non è legata solo ai tabù del sesso. La verità è essa stessa un tabù perché lei, la verità, è pornografica. Allora non puoi raccontare di aver sognato di fare l’amore con tua madre o, peggio, con tua figlia, ma in terapia si; non puoi raccontare che uccideresti o che hai rubato, o che non sopporti gli stranieri, o che sei etero, omo, o pansessuale. Insomma la verità può esistere a momenti e secondo luoghi e persone specifiche. Ma, si sa non è per tutti. Per questo nascono i diari e lo scrivere si scopre la forma più a buon mercato di psicoterapia. Per questo poi i diari diventano segreti, magari si pubblicano postumi per motivi commerciali che titillano il Voyerismo. E c’è chi sottolinea quanto non sia opportuno dire o pubblicare queste verità, e che la camera caritatis resti segreta… invece la terapia… invece i terapeuti.

La psicoterapia è il tempio della verità

Se ho usato un dildo troppo grande, se non mi piace il sapore dello sperma, se adoro pensare al cane mentre faccio l’amore, se il suocero mi ha toccato le natiche se, se , se. Ecco la terapia è uno strano luogo immaginale. Nulla è segreto, neanche il peggior sadismo o masochismo, nemmeno il peggior nazismo o “newagismo”. E in terapia, mettendo il tutù ai tabù, ossia esercitandosi con contenuti sessuali indicibili, si può arrivare alle verità realmente indicibili. Ma come fa la psicoterapia a generare questo spazio? Lo genera solo, e solo se il terapeuta ha messo il tutù ai suoi contenuti indicibili. Solo il terapeuta che ha reso dicibile il suo indicibile riuscirà a colorare la stanza d’analisi delle atmosfere gradite alla signora verità. In tal senso solo le scuole psicodinamiche pretendono, anche se non tutte, un’analisi personale come parte integrante della formazione.

Il sesso è solo l’antipasto della terapia

MA sia chiaro, lo abbiamo detto, questo sex talking non è punto d’arrivo, piuttosto è un antipasto, piuttosto è il pedaggio che si paga in terapia per giungere ai veri tabù, quelli realmente individuativi. E non possiamo escludere che i saggi non prendano gli antipasti e giungano direttamente ai primi piatti. Allora dopo aver sperimentato la liceità della mia sessualità politicamente scorretta o imbarazzante, allora diventerà più agevole parlare della reale propria pornografia ossia il nostro non corrispondere alle nostre e alle altrui aspettative. Pornografico è semplicemente la misura con cui disattendo queste aspettative, la misura con cui non riesco a corrispondere all’idea a priori che ho di me. Dunque la psicoterapia è per definizione pornografica poiché è il luogo in cui lo scopo è quello di dilatare e legittimare il più possibile il gap tra l’idea che avevo di me e me. E io direi che in quello spazio Psiche erige la sua casa.

Conclusioni

Ci fa più paura guardare un normale ano umano che non certi personaggi dalla faccia come il culo che imperversano ogni sera alla televisione (J. Hillman, “Figure del Mito”)

Mi sembra chiaro che Hillman qui ci invita a una riflessione più polemica e politica ma, per quello che ci riguarda qui, potremmo dire che se siamo in grado di parlare dell’ano umano, allora dovremmo poi riuscire a parlare delle facce come il culo di certi personaggi, specie se quei personaggi siamo noi. Insomma il sex talking è l’antipasto della terapia, i saggi saltano l’antipasto e quindi parlano della propria “faccia da culo” senza parlare di sesso, alcuni, all’opposto, si fermano all’antipasto che, come nella maggior parte dei ristoranti oggi, è sempre troppo abbondante. La maggior parte di noi percorre l’intero pasto spizzicando. Buona terapia.

P.S. CLCCA QUI per leggere La sessualità taciuta nella coppia

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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