Gianfranco Draghi
Gianfranco Draghi è stato uno scrittore, artista e psicoanalista italiano nato nel 1924. È stato in analisi didattica con Ernst Bernhard nel 1958, e ha diretto l’AIPA dopo la sua morte.
Ho cercato Gianfranco via mail e, a causa delle sue condizioni di salute e della lontananza, la nostra “chiacchierata” è proseguita online. Ho trovato una persona estremamente saggia, con un bagaglio di saperi e di esperienza analitica vastissimi. Una persona squisita che riuscirà a farvi entrare nel profondo di argomenti analitici classici e innovativi.
Qui ti propongo alcuni estratti dal nostro epistolario. Alcune “rilfessioni” che abbiamo fatto insieme.
Buona lettura!
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Riflessioni con l’Anima
Gianfranco Draghi: cos’è l’Anima? Sono i fiori, le piogge, le carezze, gli addii, le tristezze infinite, i baci, i ricordi dei grandi che avevamo da piccoli, e piccoli che amavamo da grandi e da vecchi. Sono forse le immagini vivide del passato, o tenerissimi caldi silenzi e abbracci del presente? Quali sono i muri lungo cui siamo passati, quali sono le città incendiate, i silenzi, i dolori sotto di esse, o le fughe con il nemico alle calcagna. Ciò che ci ha fatto soffrire? Ciò che abbiamo tanto amato e che non siamo riusciti a recuperare? O sono le dolcissime speranze che ancora ci affratellano? Tutti i soli rosseggianti all’orizzonte, sulle pianure, sui colli, sui mari, e dove siamo, dove siamo, dove siamo? (…)
O forse l’anima è altro.
È solo la nostra capacita’ di vivere, il nostro saper donare, il nostro saper dare, il nostro saper guardare negli occhi dell’altro. (…)
Che cos’è l’anima? Tutto ciò che emotivamente ci scombussola e ci dà forza. Come intuiamo tutto questo? (…) Noi non sappiamo niente di niente, in realtà non abbiamo certezze, e anche la nostra cosiddetta anima è una grande incertezza. È un silenzio abissale o una costruzione affettiva? Forse dobbiamo solo pazientemente sentire, ascoltare. O invece porci continuamente domande?
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Riflessioni con lo Psicologo
Gianfranco Draghi: possiamo trasformare la parola psicologo, che certo ha anche una sua bellezza, in indagatore dei sogni, scopritore di territori, compagno di viaggio verso delle verità non superficiali? È certo indagatore, e forse anche costruttore insieme. Costruttore di vetrate che scoprono la bellezza degli spazi interiori. Certo dovrebbe essere incorruttibile e pacifico, flessibile e dinamico, tenero, ma fermo.
Dovrebbe avere lo sguardo limpido e la mano capace di reggere gli sprazzi dei cavalli delle interiorità. Dovrebbe non avere mai paura, ma anche saper scomparire quando è necessario. Deve essere un grande cuoco che sa utilizzare ogni ingrediente.
E certo, è anche tutto quello che dite voi, perché ogni possibilità ha la sua consapevolezza. Anche se non sappiamo bene cosa intendiamo con questa parola (psicologo), sappiamo bene che intendiamo il non imbroglio, il non fingere, il non tracimare, ma sappiamo anche che di tutto, cioè anche di ogni consapevolezza, la migliore e la più attenta, noi esseri umani possiamo infrangere le cornici sbagliando. Meglio di tutto in questo è essere modesti. Se sbagliamo, può essere il credere troppo in noi o troppo poco. I sogni ci danno la misura migliore, e le cornici ineffabili, come luci che non possiamo neanche misurare, ci appaiono e scompaiono all’improvviso. Noi sappiamo sempre qualcosa e ignoriamo sempre qualcosa. C’è sempre quel margine di dolcezza ineffabile e di inaudita possibilità.
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Riflessioni con il Sogno
Gianfranco Draghi: ci sono tribù andine, e forse anche messicane, o di altre parti, che usano il sogno come comunicazione vera.
Del resto, in qualche modo, ne sei così sedotto che tra coloro che si occupano di sogni, non in modo restrittivo, ma creativo, si può creare un vero dialogo tra i sogni. C’è stato un momento della mia vita in cui ho davvero sperato, attraverso un dialogo sui sogni (ma anche grandi studiosi dei sogni hanno avuto la stessa fantasia), di poter eliminare le guerre e i conflitti, come appunto in queste antiche tribù. Io stesso ho tentato di farlo, ma non so se ci sono riuscito, forse no. Il punto è che le persone devono essere ben disposte, vogliono veramente fare questo, altrimenti non si ottiene nulla.
Un sogno intenso e profondissimo che ti sveli grandi possibilità, può cadere come un castello di carta se lo vedi come un castello di carta. Poi, magari, più tardi ne hai una riprova differente. Potremmo veramente immaginare i sogni, un dialogo così intenso e reale, dove tutte le nostre più forti possibilità umane e biologiche ci svelino la bellezza e il sentiero da percorrere nel mondo, e l’aiuto che ci possiamo dare l’un l’altro.
Tutti i sogni sono in qualche maniera benefici; ovvero ti svelano le cose, rivelano dei mondi. Poi, dietro il sogno, c’è anche l’enigma. Ma cosa nella vita non è un’enigma? Eppure possiamo costruire un buon campo e un buon orto, o possiamo lasciar deperire un ottimo terreno e un’ottima coltura. Tutto dipende da noi, senza dimenticare che noi siamo nel mondo con gli altri. Probabilmente sono i sogni ad indagarci, sono loro a portarci conoscenze e realtà; ma questo è un discorso che ci porterebbe ancora oltre, e forse si tratta solo di coltivare il proprio orto per bene. La terra è l’orto degli uomini.
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Riflessioni con il Logos psicologico
Gianfranco Darghi: ci ho pensato spesso anche io in questo periodo che ho tanto tempo per pensare. Anche se personalmente non li ho usati quasi mai (i termini psicologici); mi parvero anche modi di avvicinare le realtà altrimenti imprendibili. Un modo di trovare viottolini per incanalare le nostre energie. (…) Poi sono il primo che non li ha mai usati questi termini, perché qualsiasi valutazione mi può dar noia, e forse l’unico linguaggio vero è quello affettivo, magari anche quello corporale.
Riflessioni con l’Arte
Gianfranco Draghi: rappresentare la psicoanalisi con un’opera d’arte è difficile. Potrei prendere una seta. Potrei farci sopra vari schizzi di fronde di alberi azzurri e verdi. Potrei farci ciliege rosse molto grandi. Così grosse le ho mangiate solo una volta in Francia, sembravano piccole prugne di un bel rosso smagliante, ed erano dolcissime. Poi sprimaccerei con le mani questa seta. Intanto dietro, qualcuno potrebbe fare tutta un’altra cosa con del bianco, magari a strisce; ma non come una prigione con delle sbarre, ma come tanti puntolini bianchi saltabeccando di qui e di là, e un puntolino più grande come se fosse un bel piatto della Richard Ginori. Poi ci potremmo mettere sopra una piccola scultura in marmo di due corpi voluttuosamente intrecciati: un uomo e una donna, o due donne e due uomini, a seconda dei gusti. Poi si può aprire una grande finestra che dia sulla città, vedendo un fiume e un’altra città lontana sui colli di fronte, a volte illuminati dal sole.
Ci possono essere bande di bei rami verdi, o magari limoni in fiore. Magari antichi peschi abbandonati, diventati così dolci da sembrare quasi canditi. E poi ci può essere anche un ragazzino nudo che corre lungo la spiaggia sul mare. Altrimenti uno prende semplicemente due pezzi di marmo che si sono rotti per caso, o qualche idiota li ha spezzati usandoli come sostengo per cambiare le gomme alla macchina, per avvicinarli in modo che venga fuori la loro distinta e unica fusione. Ci possono essere due linee che si contorcono di inchiostro di china nero, o azzurro, sulla superficie di nuovo di una seta chiara. La seta è un bel materiale. Se hai una camicia, è fresca d’estate e calda d’inverno. Si potrebbe anche fare un grande burattino con una testa da re, e metterci dentro tanti piccoli cavalieri, come li fa mio figlio Oliviero. Burattini che, illuminati dal di sotto, mostrino tutta la loro potenza, e i cavalli sembra che stiano per spiccare il volo (come Pegaso se uno vuole). Oppure si scelgono semplicemente due bei ciottoli bianchi, o anche colorati, e si mettono su un quadrato di sabbia, a formare una linea invisibile che insieme lo divida e lo unisca.
Ma questa è tutta una fantasia, perché l’opera in sé, è già unione e differenza, spasmo e contorsione, felicità e accadimento, distanza e vicinanza. Una bella scultura di terracotta di una coppia che mangia insieme: grandi o piccoli, semplici o complicati non ha importanza.
Tutto questo ovviamente è un’approssimazione. Si può anche fare un bel teatro dove si danza. Un teatro con due o quattro persone ai lati, e all’interno un quadrato formato dal pubblico. Si può fare con la musica, senza la musica, da giovani o da vecchi, non ha importanza, purché si faccia.
Purché si faccia.
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