Ho un raschietto alla gola da una settimana e di quando in quando un po’ di naso che cola. Per questo ho pensato che starmi a crogiolare su possibili rischi infettivi non mi avrebbe fatto bene. Quale cosa migliore di una uscita con amici. Sicuramente avremmo aggirato il problema del virus. Mai avrei pensato che proprio quella uscita e proprio quel virus mi avrebbe permesso di spiegare così bene il politeismo della psicologia archetipica. E se anche questa fosse una forzatura direi che non possiamo fare a meno, da blogger, di impiegare la tecnica più antica per ottenere contatti. Anche perché questo gentile popolo di animaletti che ci sta facendo diventare pazzi sta fagocitando una percentuale di lettori importante. Quindi il mio è il tentativo di riprenderceli.

Quando un ipocondriaco si infetta

“Ma la psicopatologia indica un’esistenza impedita e una coscienza focalizzata sui propri impedimenti” (J. Hillman Re-visione della psicologia pag. 128)

Allora cosa succede se un ipocondriaco si ritrova a fronteggiare il corona Virus? Direi che inaspettatamente vivrà un momento di particolare distensione. Un ipocondriaco è una persona che avverte una certa estraneità al corpo. Anzi è un tizio a cui il corpo manda dei messaggi che lui tende a travisare in continuazione. Insomma sapete cosa c’è di bello col corpo? Lui sa sempre cosa fare per rimanere vivo e, vi dirò di più, lui sa anche quando morire per proteggere la vita. Il corpo è lì a ricordarci che tutto il nostro impegno nel cercare di controllare cosa accade intorno a noi, risulta inutile di fronte alla totale, imperturbabile e disarmante autonomia del corpo.

Allora cosa è un ipocondriaco?

Banalmente dunque un ipocondriaco è un tizio, o una tizia, che vive nel panico ogni qualvolta il corpo manda messaggi, rumori, tensioni, colori, dolori. Un ipocondriaco spera, sommessamente urlando, che il corpo stia in silenzio. Ma appena lui, il corpo, parla inizia a fare congetture iperboliche su quale sia il significato del messaggio. Ma, questo è il bello, tutte le congetture che fa risultano totalmente infondate nella loro straordinaria plausibilità.

Il Sintomo è la via

Un ipocondriaco dunque è come un cercatore il cui oro sono i sintomi e la cui diagnosi sarà sempre, in caso di mancanza di una diagnosi, un bel tumore al cervello. Ma si sappiate che ogni sintomo aspecifico, generico, idiopatico (ossia di cui non si conosca l’origine), insomma ogni asterisco maledetto sull’ennesimo emocromo che fa sembrare le vostre braccia quelle di un tossico degli anni 80’, ben si può giustificare con un tumore cerebrale. Il tumore al cervello è la panacea dell’ipocondriaco. Si perché è la malattia che gli da sempre ragione. Si perché un ipocondriaco non vuole guarire o essere sano, il suo vero telos è avere ragione. Per un ipocondriaco l’esperienza di un test positivo è quasi orgasmica. “Lo sapevo!!! Cazzarola!!! Lo sapevo!!! Li vedi i globuli bianchi, lì che stentano mentre i rossi fanno festa. Le urine paglierine ballano con le piastrine abbondanti. Insomma brutto corpo di merda tu mi vuoi uccidere e io lo ho capito. Allora io posso anche morire ma sappi che io lo avevo capito!”

La diagnosi dell’ipocondriaco

Come procede l’ipocondriaco a una diagnosi. Come ognuno di noi accende la rete e cerca i sintomi. Il punto è che quando li cerchi li trovi e non penso di rivelarvi nulla se vi dico che questa strategia, quella confermatoria, ha come difetto proprio il tendere a confermare le ipotesi. Insomma Sembra proprio che un ipocondriaco viva nella malcelata speranza di essere malato, sembra sia innamorato della malattia. Una puntura di zanzara è un’orticaria fraudolenta con rosacea di origine degenerativa, poco appetito è un tumore al lobo parietale sinistro, troppo appetito è lo stesso tumore al destro, una palpebra che balla ha a che fare con la sclerosi e un mal di testa con una meningite o, in alternativa con un tumore al cervello; Una visione appannata è una cataratta o una maculopatia o, ancora, il solito tumore.

Tumore immaginale

Perché il tumore va così di moda nelle fantasie di un ipocondriaco? Semplicemente perché la vera sofferenza dell’ipocondriaco è l’inflazione in sé. Il tumore è la riproduzione incontrollata e iperbolica di cellule, un tumore è immaginalmente l’inflazione di una fantasia. Il tumore è il troppo che “stroppia” che spinge all’esagerazione. Al cervello significa troppa testa, alla pelle troppa pelle, al fegato troppo fegato, ai polmoni troppi polmoni e cosi via fino al seno. Un lavoro con una paziente con un tumore al seno deve necessariamente analizzare l’inflazione di seno, di materno, di nutrimento, di controllo della prole.

La tecnologia e la follia

Avevo poco più di 20 anni e, terrorizzato dalla mia stessa follia, osservavo il mondo e chi lo abitava con sospetto. Dunque ogni volta che incontravo un folle che parlava da solo mi chiedevo quanto avessi in comune con lui. Poi iniziarono a intravedersi per strada i primi personaggi che, avvalendosi di dispositivi di ultima generazione (Leggere con tono satirico), a mezzo auricolare, conducevano conversazioni telefoniche per la strada. Ecco che quei folli sembravano ai miei occhi moltiplicarsi a dismisura, come le cellule tumorali. C’è voluto un po’ di tempo perché iniziassi ad abituarmi al fatto che non si trattava di folli ma di gente al telefono. Eppure, eppure eppure… eppure non so quale fosse la follia, so che gli auricolari e i telefonini oggi nascondono tutti quelli che io un tempo chiamavo folli. Parliamo tutti da soli nella iperconnessione e tutti siamo folli. Intanto loro, i folli, quelli che hanno un simposio di immagini che chiacchierano liberamente nella loro anima, sembrano essersi ripresi il mondo e oggi se vediamo qualcuno senza telefono e in silenzio che osserva il mondo, si allora abbiamo di nuovo i folli.

Il corona virus e gli ipocondriaci

Similmente il corona virus riabilita gli ipocondriaci. Tutti vanno in rete in cerca di diagnosi, tutti avvertono che quel raschietto in gola potrebbe essere foriero di calamità sanitarie, tutti comprano farmaci sintomatici, mascherine difensive, amuchine disinfettanti. Tutti ossessivamente si lavano le mani per paura dei batteri (che poi non c’entrano nulla coi virus). Tutti ogni volta che sentono un  po’ di pelle d’oca, un dolorino alla schiena o una muscolo dolorante pensano che il covid-19 li sia venuti a trovare. Ma, udite udite, la cosa più interessante che supera l’ipocondria stessa è che questo virus è asintomatico in una buona percentuale. Questo è il paradiso degli ipocondriaci, finalmente posso essere malato senza sintomi. L’assenza di sintomi è un sintomo.

Ipocondriaci unitevi

E in questa psicosi in cui Pan danza allegramente tra le ninfe in riva al fiume, una psicosi che vede Pan orgasmicamente spaventarsi per il suo stesso orgasmo, si intravedono, quieti, gli ipocondriaci che sfogliano i bugiardini di un qualche farmaco seduti sotto a un platano. Che poi se si chiama bugiardino perché leggerlo? Ecco loro, placidi affrontano la quarantena con disinvoltura. Non è la prima e non sarà certo l’ultima. La distanza che tengono dagli altri è quella di sempre, il loro strano modo di starnutire è patrimonio collettivo, non si affannano a cercare amuchina perché ne hanno l’armadietto del bagno pieno. Anzi è stupefacente come si aggirino invitando alla calma e spiegando empaticamente cosa fare.

Eccolo il corona virus guarisce il popolo degli ipocondriaci in un sol colpo. Improvvisamente il mondo assume le forme che loro stessi immaginavano avesse e loro, gli ipocondriaci, normali tra i normali, iniziano a sentire un brividino sulla schiena. Avvertono la responsabilità di dover aiutare il mondo. E si perché ci sia affeziona alle proprie sofferenze e se improvvisamente ce le levano, avvertiamo un leggero capogiro. Dove  è finita la mia ansia? Che fine ha fatto la mia depressione? Come si è sciolta la mia rabbia? Che fine ha fatto l’amore? E già… anche l’amore si fa malattia che modifica il corpo.

L’ipocondria si cura con buone informazioni

Insomma il coronavirus è un occasione per conoscersi dice qualcuno ma molto banalmente è un virus creato in laboratorio che ha una bassissima letalità. Allora perché quarantene e mascherine? Ecco che anche il complottismo dilaga e che il corona virus combatte in un sol colpo anche tutti coloro che hanno un disturbo paranoide. Azzarola! Sembra che questo virus sia uno psicofarmaco immaginale ad ampio spettro. Anche gli ossessivi-compulsivi guariti. Hikikomori guariti. Ansiosi guariti. Psicotici guariti. Miracolo dove la psicologia cronicizza il covid-19 cura. In un mondo di malati i malati diventano sani. Il Covid-19 fa il dono dell’esperienza psicotica ai “normali” e di un esperienza normale agli psicotici.

Cosa direbbe Apollo?

 Invochiamo la ragionevolezza solo per un istante, per dovere di cronaca e di civiltà. Il problema di questa “influenza” è semplicemente legato al fatto che rispetto a quelle comuni è molto più contagiosa. Sia chiaro, non letale, solo più contagiosa. Ma il sistema sanitario nazionale ha stabilito che il numero dei posti letto per ricoverare i malati per l’influenza fosse stabilito sulla base di quella comune. Insomma ci sono un numero di posti letto adeguati per un contagio standard mentre sono pochi per un contagio di 20 volte superiore. Quindi le quarantene non servono a salvare vite da eventuali contagi, piuttosto servono a mantenere il numero dei contagiati coerente con il numero dei posti disponibili per le terapie intensive.  Semplice Matematica pandemiologica. Quando ho capito questo ho compreso il senso dei provvedimenti nazionali e mi sono rasserenato. La psicosi si cura con l’informazione. Allora solo un messaggio ai medici da uno psicoterapeuta un messaggio doppio e incoerente aumenta la psicosi. La prima cura è dare senso. Quindi non basta dire qualcosa del tipo “nessun pericolo, tutti al riparo”, piuttosto qualcosa del tipo “questo è il pericolo e questa una delle cure”.

Sadismo da ipocondriaci

Vi sembrerà strano ma c’è una strana cattiveria nei malati e nei “toccati da dio”, la cattiveria che ci spinge a sentire sollievo le volte in cui qualcuno ha la nostra stessa malattia. Una sclerosi multipla, un tumore, il diabete, l’epatite. Ogni volta che un malato ne incontra un altro prende ossigeno, respira, fa un sospiro di sollievo e di soddisfazione. Da qui nascono i gruppi di autoaiuto e se disgraziatamente qualcuno guarisce diventa l’untore. Che strana specie che siamo proviamo una quantità pressoché infinita di emozioni e passiamo la vita a sviluppare sistemi per silenziarle, tacerle, seppellirle.  Allora ipocondriaci unitevi e godetevi questo momento di normalità. Godetevi questo momento perché passerà e tornerete i soliti “rompimaroni” di sempre. Godetevelo perché non è più il tempo dei nonni che, fiduciosi nel corpo, dicevano “Se il bambino ha la varicella mettilo vicino ai fratelli così se la prendono e fai tutto in una volta”. Secondo me ce la caveremo… forse.

Ma che ne pensa la signora Psicologia?

Allora in conclusione vi riporto un vecchio post, sul gruppo Hillman. Risale ad agosto scorso in un periodo in cui forse la mia anima preannunciava qualcosa di collettivo.

“Ma è possibile che qualcosa di poetico sia alla base della loro malattia; voglio dire, forse respingere le loro presenze immaginative crea loro dei problemi. E lo sa cosa respinge le loro raffigurazioni, le loro immagini? L’Io forte… che è anch’esso una figura dell’immaginazione. E’ il tipo che non perde il controllo… il sovrintendente psichico della repressione” (Hillman in “Il linguaggio della vita”)

Una paziente arriva e si soffia il naso. È raffreddata. “Ho l’Influenza”, mi dice. “Questa maledetta influenza che mi rovina l’umore… come se non fossi già inca…ta di mio. Ho da a fare e se non lo faccio nessuno lo fa al mio posto…” La ascolto per qualche minuto. Svuota le immagini tramite le parole. La sua mente si alleggerisce e io inizio a pensare perchè mai non se ne sia rimasta a casa invece di venirmi a attaccare l’influenza. Ecco che le sue parole, come echi psichici, diventano mie … ” E se mi attacca questa maledetta influenza che mi rovina l’umore… come se non fossi già inca…to di mio. Ho da a fare e se non lo faccio nessuno lo fa al mio posto…”.

Poi resto lì, mi infetto, il mio sistema immunitario forse reggerà forse no, ma noi lavoriamo come non ci è capitato da un po’. Allora capisco quali energie si vengono a incontrare in terapia. Come un medico del reparto di malattie infettive, mi espongo a batteri e virus poichè la lunga formazione e terapia personale mi ha permesso di fare vaccini per tutti i ceppi dopo averli transitati in me. Ma mentre quel medico evita il contagio la psicoterapia lo promuove, col rischio che un ceppo sia nuovo e mi faccia soffrire. Ma se non mi infetto non posso trovare lo scopo di quel virus. Torno a casa e il mattino seguente ho 38 di febbre. L’irritazione sale. Tutti escono di casa e mio figlio sulla porta mi dice: “Papà già che resti a casa mi aiuti? ho ricevuto una lettera e non so che fare. E’ sul comodino”. Lui va e io resto. Mi ritrovo tra le mani la prima lettera d’amore che mio figlio riceve. Densa, ricca di emozioni e di proiezioni animiche che giungono dall’indirizzo di mio figlio al mio, e incontro in lui la mia vecchia enorme paura di darsi all’amare. Resto a casa il resto della giornata e sto con lui infettandolo di saggezza e lui infettando me di energia vitale. Una settimana, guarisco. Torna quella paziente, guarita anche lei. “Avevo proprio bisogno di quell’influenza doc” mi dice e io, senza bisogno di spiegazioni, placidamente e con piglio terapeutico : “Cosa mi vuole dire? mi racconti di più”…

La psicologia sembra dire quello che dicevano i nonni. La psicologia dice di stare insieme, dice di essere politeisti, multipli e in relazione.

P.S. CLICCA QUI per leggere Il Nuovo Coronavirus è necessario. La verità psicologica sulla malattia infettiva

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Info sull'autore

Luca Urbano Blasetti

Psicologo e Psicoterapeuta; Dottore di Ricerca in Psicologia Dinamica sul tema Creatività e sue componenti dinamiche; Responsabile del Centro Emmanuel per Tossicodipendenti di Rieti presso cui cura diversi progetti regionali; autore di diverse pubblicazioni psicologiche; lavora nel suo studio.

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