Il Vaso di Pandora
Ci sono momenti della vita nei quali desideriamo fare qualcosa, ne sentiamo la tensione, l’eros, la pulsione forte e irresistibile. Credo sia la stessa tentazione che provò Pandora di fronte al vaso: lo faccio o non lo faccio? In questi frangenti potremmo porci questa domanda, ma spesso alla domanda viene sostituita un’azione di negazione o di compimento. Il tarlo del dubbio si insinua nelle nostri menti e il mito di Pandora viene ad essere una delle possibili risposte alla domanda: seguirò il mio desiderio oppure lo castrerò? Ogni cultura ha dato la sua risposta, compreso quella greca. Il fatto curioso è che in ogni storia, alla fine, tutti gli uomini hanno ceduto alla tentazione, ed è proprio da quel cedere che è nata l’umanità per come la conosciamo.
Cedere significa scoprire il Vaso di Pandora, che nel senso comune ha assunto una valenza negativa come se aprirlo comportasse delle conseguenze negative per noi e per le persone che ci circondano.
Quando analizziamo un fatto o un mito dal punto di vista psicologico, però, dobbiamo ribaltare il nostro modo di guardare la realtà, ovvero dobbiamo immaginare gli eventi come se fossimo in un grande teatro dove tutti i personaggi e gli accadimenti vivono all’interno della nostra mente. Come ci insegnò James Hillman, ad esempio, il mito di Edipo non riguarda più il rapporto madre-figlio fuori di noi, ma il rapporto con il materno dentro di noi.
Il mito del Vaso di Pandora ci racconta che Zeus per vendicarsi dell’affronto di Prometeo, “regalò” Pandora all’umanità. Pandora fu la prima donna, resa stupenda da Afrodite, abile da Era, alla quale Apollo aveva insegnato la musica e Atena l’aveva vivificata. Anche Ermes aveva regalato qualcosa alla donna: la curiosità. A causa di essa Pandora aprì il famoso vaso donatogli da Zeus che, al posto del grano, conteneva gli spiriti “maligni” della vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e vizio. Pandora voleva essere una punizione esemplare da parte di Zeus nei confronti dell’umanità. Tuttavia ogni punizione contiene in sé una purificazione. Quindi l’atto psicologico dell’apertura del vaso di Pandora dobbiamo leggerlo come una purificazione della Psiche stessa.
Il Pithoi contenitore di emozioni
Il vaso è una metafora che ritroviamo spesso nei racconti analitici delle persone, è un’immagine che viene usata per descrivere il nostro modo di contenere la realtà. Ognuno di noi possiede un vaso psichico con il quale prima o poi bisogna fare i conti, ovvero una parte di Psiche che funge da contenitore. Contenitore di vuoti, di acqua, di colori, di emozioni, di tensioni, di desideri e tentazioni.
Il vaso di Pandora non era un vaso da fiore ma un Pithos, ovvero una giara da immagazzinamento nella quale si potevano immettere provviste, come cereali, vino, olio o qualsiasi cosa si fosse dovuto conservare. Spesso nelle immaginazioni attive ad essere immaginato è quindi il Pithos e non il classico vaso da fiori. Il Pithos di Psiche contiene delle parti di noi che aspettano di essere usate. Il contenuto del vaso di Pandora per definizione è quindi qualcosa di utile, non un male, ma una provvista che non può essere lasciata dentro il vaso per troppo tempo, altrimenti si decomporrebbe.
Pandora, la curiosa, la terapeuta
La donna fabbricata da Efesto, come abbiamo detto in precedenza, ricevette in regalo la curiosità, etimologicamente la capacità di tener cura di qualcosa, il curarsi di. Pandora non solo è la prima donna, ma è anche la prima terapeuta della storia mitologica dell’uomo, la donna alla quale è stato donato tutto, o che dona tutto [etimo pandora] agli uomini.
Il suo modo di tenere cura di qualcuno o qualcosa è donarsi, donare e ricevere dall’altro in una sorta di attraversamento psicologico, proprio come accade in una relazione genericamente terapeutica con l’altro o con sé stessi. I rapporti umani sono un gioco di doni che si possono accettare o dai quali è possibile fuggire.
Pandora rappresenta la nostra parte curiosa e terapeutica che si prende cura di noi in un modo particolare, ovvero attraverso la liberazione del contenuto del Pithoi, del vaso interiore: l’inaspettato e i mali del mondo.
In che modo l’inaspettato e i mali del mondo ci possono curare?
Conclusioni: l’inaspettato e i mali del mondo
Pandora apre il vaso e il nostro mondo psicologico viene “invaso” da qualcosa di inaspettato, dai mali del mondo che al tempo stesso sono le provviste di cui disponiamo nella Psiche.
Scoperchiare il Vaso di Pandora spesso è sinonimo di aprire una parte di sé tenuta nascosta, inaspettata o “malevola”. In alcuni momenti della vita il nostro vaso intrapsichico trabocca di emozioni ed inevitabilmente siamo costretti ad aprirlo per vedere cosa contiene, e cosa sta appesantendo l’anima. Tenere rinchiusi in un cassetto i propri male ci conduce ad un forte malessere interiore.
Compiere l’inaspettato significa agire il vecchio quando si è giovani, e il giovane quando si è vecchi, la gelosia quando c’è fiducia e vice versa, la follia quando si è normali e la normalità quando si è folli, la malattia quando si è sani e la sanità quando si è malati, il vizio quando si è probi e il contrario. Aprire il vaso di Pandora equivale a tener cura della propria Psiche mettendo in atto il contrario e agendo i desideri inespressi.
Ma non solo. I mali del mondo sono necessari per entrare in relazione con l’altro. Le malattie sprigionate dal Vaso di Pandora danno un senso alla vita, la liberano dalla solitudine del primo uomo.
Aprirci ai nostri mali e all’inaspettato è un modo per tenere cura della propria Psiche. Si tratta di tenere acceso il lume dell’oscurità, perché solo in essa la nostra candela acquista un senso. [Jung, Lettere 2, p.311]. Si tratta di fare i conti con ciò che è dentro il nostro vaso. Non possiamo sfuggirne. Se lasciamo troppo tempo il contenuto nel contenitore esso marcisce. Lasciare coperto il Vaso di Pandora equivale a putrefarsi dentro. Il contenuto necessita di essere “svasato”, e solo la prima donna, la nostra Pandora interiore, la nostra terapeuta, ha il coraggio di curarci, di purificarci seguendo il suo desiderio e la sua curiosità.
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Sono un ceramista appassionato e proprio per i motivi descritti amo realizzare vasi tagliati, aperti. Per me un vaso rappresenta una persona che non è fatta per contenere soltanto ma rinascere in continuazione, tra fasi strutturanti e destrutturanti. Aperta a nuove opportunità, a nuove culture, a nuovi orientamenti, a nuove contaminazioni.