Alex Zanardi e precedenti illustri
Io non credo che le persone cerchino dei significati nella vita più di quanto cerchino l’esperienza di essere vive (J.Campbell)
Pensavo ad Achille. Si Achille, quello dell’Iliade, quello della guerra di Troia che, alla morte del cugino e amante Patroclo, scatena l’inferno mirmidone davanti alle mura di Priamo. Insomma più o meno tutti sanno che la mamma di Achille si chiamava Teti. Una gran bella dea. E fu lei a chiedere al figlio se volesse vivere una vita lunga e anonima oppure una breve e gloriosa. E indovinate Achille cosa rispose? Per questo la guerra inizia e Achille oggi è l’eroe più famoso. Anche se, come previsto, perse la vita per mano e grazie a un pusillanime, un tale Paride che era solito lanciare il sasso e nascondere la mano. Insomma così come Giuda ha posto le basi perché un povero cristo diventasse Cristo, Paride è colui che sancisce definitivamente l’eroismo di Achille.
Camionista balordo
Il povero camionista si trovava lì mentre Alex Zanardi perdeva il controllo della sua handbike. Almeno così ce lo raccontano, per ora. Si trovava sulla curva e procedeva lentamente. Aveva scelto un lavoro sicuro e quasi anonimo. Si confondeva sulle strade tra mille TIR. Magari ascoltava qualcosa di altrettanto anonimo, una di quelle musiche lounge bar di cui non conosce l’autore.
Ma se Alex, il nostro amato Achille post litteram, decide di entrare nella gloria nuovamente, mi sembra chiaro che qualcuno deve necessariamente svolgere il ruolo del vigliacco Paride. Insomma le testate giornalistiche e noi tutti abbiamo immediatamente il bisogno di ripercorrere il mito dell’eroe, quello che ogni anima, ogni giorno, dall’alba dei tempi, ripercorre quotidianamente. Per questo ci serve un Paride. Ci serve un camionista anonimo che magari guida veloce, magari ha bevuto o assunto qualcosa di illecito. E invece quel balordo di un camionista non vuole assumersi questa responsabilità… del resto vigliacco deve essere. Intanto il nostro eroe tenta in continuazione di avere una morte gloriosa.
Alex è uno specchio
Sto solo provando a dirvi che quella di Zanardi è la riedizione di un mito psichico che si svolge ogni giorno in noi. Per questo ci sentiamo vicini a lui doppiamente in questo momento. L’immaginario eroico che Alex incarna perfettamente, corrisponde a quella esigenza psichica che ci spinge a credere di essere onnipotenti, a metà tra un dio e un mortale. Eroi per l’appunto. Ogni giorno cerchiamo affannosamente di far corrispondere il mondo al racconto che ci facciamo del mondo. Ogni giorno cerchiamo di far si che gli errori siano un problema dei nostri interlocutori e non un patrimonio personale. Ogni giorno cerchiamo di aver ragione. Ogni giorno sfuggiamo all’idea di essere deboli corpi alla merce delle emozioni e dei limiti fisici. E penso che questa tendenza sia quell’enlan vital, quello slancio che è necessario all’esistenza. Uno slancio di cui Zanardi è certamente la letteralizzazione più evidente.
Siamo tutti Alex
Gli eroi hanno in comune un fatto. Giocano a rimpiattino con la signora con la falce. Allora se Alex perde le gambe in un impressionante incidente, subito, appena sveglio dall’anestesia, si chiede dove sia lei, la morte. Sorride sornione e vede se riuscirà a fare tana. Magari liberando tutti. Ed Alex sembra essere proprio così, sempre sorridente e rassicurante, mentre noi restiamo nascosti oppure braccati, lui ci guarda come a dirci: non vi preoccupate che ora faccio tana libera tutti. E quel sorriso ci rassicura, ci fa sentire protetti. Poi lui esce di soppiatto e lo fa. Si lo fa, ci riesce, riesce a vincere e a liberarci, ed è un tripudio. Insomma quello che chiediamo ad Alex e che lui chiede a se stesso, è quello che ogni giorno chiediamo a noi. Ci chiediamo di andare oltre i nostri limiti fisici e mentali, ci chiediamo di non avere bisogni, emozioni, impulsi o condotte. Ci chiediamo di essere Alex e fare tana libera tutti. Ma, ahimé, a noi fanno sempre tana e, spesso, in modo sadico. Usciamo di soppiatto per sorprendere la morte e lei è lì attaccata al palo e sorride mentre ci fa tana. Insomma ogni giorno dobbiamo morire ossia trasformarci per accettare che siamo fatti di quei bisogni ed emozioni che ci allontanano dagli dèi, e dall’immortalità. Accettare di non essere eroi.
Intanto Alex
Si intanto lui cerca in tutti modi di morire in gloria. Come tutti gli sportivi estremi. E lui lo era. E, come tutti quelli che fanno questo, ha una speranza perversa, quella di essere trovato. Si perché in questo si sancirebbe la gloria eterna. Ma se su di lui proiettiamo il nostro eroe, sul camionista c’è quell’antieroe che ci salverà. Si perché la psicoterapia è da sempre dalla parte di Paride, dalla parte del camionista. E siamo tutti camionisti in terapia. Siamo tutti eroicamente presi dal guidare la nostra vita più dritta che si può per poi accorgerci che dobbiamo fare i conti con l’improvvisa caduta di quell’eroe. Quella di cui Campbell ci parla diffusamente.
Quando ci si confonde con un archetipo
Penso ad Alex e penso che lui voglia restare vivo. Ma solo se può continuare a fare l’eroe. Lo vedo sveglio sorridere e dire che troverà un modo di andare avanti, che se le braccia non reggono userà tutto ciò che resta per furoreggiare. Lo vedo sorriderci per questo. Ma contemporaneamente so che, se la possibililità di fare l’eroe verrà meno, allora spererà di restarlo in immagine. Non capita solo a lui e Hillman ce lo racconta ne “Il codice dell’anima”, ci racconta storie di chi ha avuto l’obbligo di onorare un archetipo. Ma mi chiedo ogni volta se sia una scelta o una condanna quella di vivere la vita che ci è stata data. Più faccio il mio lavoro e più mi accorgo che l’unica scelta possibile è sempre quella di vivere gli archetipi che ci hanno scelto, di vivere le immagini che ci possiedono per riattualizzarsi. Sono sempre più convinto che siamo solo materia a disposizione delle immagini e dell’immaginazione.
Dunque comunque vada, Alex stai tranquillo
Stai tranquillo perché noi “camionisti” abbiamo bisogno di eroi e tu sei un fenomeno nell’onorare l’eroismo. Devo dire la verità… non ho mai provato simpatia per lui, perché non provo simpatia per gli eroi. Per questo so fare bene il mio lavoro, quello del terapeuta. La stanza d’analisi è infatti il tempio in cui si fa pace con i propri limiti, è il luogo in cui si onora il dio Termine, quello dei confini e, così facendo Marte si pacifica perché non si deve affannare a definire lui i confini. Dunque gli eroi sono quelli che non fanno pace con i confini. Li superano e li abbattono.
L’eroe e il suo opposto
Ma proprio per questa loro caratteristica io, come tutti noi, spero e inneggio all’eroe. Si perché sono sempre gli eroi a spezzare le catene, ad abbattere i muri, a salvarci dalle tirannie. Dunque che nessuno fermi Achille ma, al tempo stesso che nessuno tocchi Paride. Nessuno parli male di Alex, non basta aver telefonato, semmai fosse; non basta aver corso troppo, non basta non aver atteso permessi. Alex come eroe ha il diritto di eroici atti di sovversione. Per questo tifo per lui e spero in un suo ritorno. Poi ripenso all’uomo quello che non ha nulla a che fare con gli archetipi, penso ad Alessandro e alla sua famiglia e mi ritrovo ad abbracciarli dentro di me.
Siate eroi nel mondo e vigliacchi nell’anima
L’eroe nel mondo concreto rischia di farsi tiranno dentro di noi, mentre è la vigliaccheria di Paride dentro di noi che ferma l’eroismo antievolutivo. Insomma sembra che eroi e vigliacchi si siano spartiti il mondo. Quello concreto protetto dai primi e quello psichico tutelato dai secondi.
Quindi, mi raccomando, soprattutto nessuno tocchi il camionista destinato all’anonimato. Non basta essere andato forte, aver allargato la curva o aver assunto droghe, peraltro non assunte. No non basta perché abbiamo un profondo bisogno si di eroici atti sovversivi, ma abbiamo ancor più bisogno, in modo quasi vitale, di un Paride, della sua vigliaccheria, delle sue fughe che ci salvano. Si perché ci vuole un tale coraggio nell’ammettere la nostra vigliaccheria che, sempre più, mi ritrovo a osservare come proprio questo sia l’atto eroico per eccellenza.
P.S. CLICCA QUI per leggere Il cammino dell’eroe in psicologia archetipica