Ho ricominciato, seminando.
“Quanto rimane, è un destino di cui solo la conclusione è fatale. All’infuori di questa unica fatalità della morte, tutto – gioia o fortuna – è libertà, e rimane un mondo, di cui l’uomo è il solo padrone”.
Così recita Albert Camus in uno dei suoi scritti più famosi, Il mito di Sisifo. Siamo padroni del nostro destino e delle nostre scelte, forse oggi ancor di più nonostante la paradossale situazione che ci troviamo a vivere. Oggi proveremo a comprendere come a volte il malessere possa trasformarsi nella miccia che da fuoco alle polveri della vita.
Introduzione
Riavvolgiamo il nastro, siamo alla fine del 2019 e in compagnia dei nostri cari stiamo brindando all’arrivo dell’anno nuovo, il 2020! Esprimiamo desideri, siamo felici e speranzosi dell’avvenire, pianifichiamo un futuro roseo che ci permetta di spiccare il volo come Hermes ma cadiamo prigionieri tra le fauci di Saturno. Il mondo si ferma e dalla privazione della nostra libertà nasce un sentimento malinconico: siamo confinati!
Ora che però l’anno volge alla conclusione, rimuginando su quello che è accaduto ho cercato di capire quale potesse essere il nome più appropriato da assegnargli.
Semina! Mi è balzato alla mente l’immagine di una stella cometa che lascia dietro di sé polvere di stelle. Semina: termine potente! La sua etimologia deriva dal termine latino semināre, deriv. di sēmen semĭnis ‘seme’. Il termine assume diversi significati, si può seminare per ottenere un buon raccolto, si può seminare odio verso una persona e infine si può seminare qualcuno ovvero lasciarselo alle spalle.
La semina
Pensavano di averci seppellito. Ma non sapevano che noi eravamo semi (Proverbio messicano)
È così che ci siamo sentiti, seppelliti! La malinconia è cominciata a crescere e lo spazio che ci eravamo ritagliati fuori adesso potevamo assaporarlo a sprazzi. La condizione di stress, questa claustrofobia casalinga ha sempre più agito sul nostro modo di vivere, abbiamo dovuto tarpare le ali ad Hermes e convivere con questo senso di impraticabilità.
Ma non sapevano che noi eravamo semi! L’importanza di riconoscersi semi è una metafora che ci ricorda di essere individui in potenziale, capaci di poter crescere attraverso gli impedimenti. Ho scelto il termine semina perché quando tutto il mondo ha cominciato a fermarsi ho compreso come potessi germinare alla vita. Prima di poter piantare ogni cosa dovevo avere l’accortezza di eradicare ogni vecchia sterpaglia che incurante cresceva sotto i miei piedi.
La condizione di malessere
I dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci. (Hermann Hesse)
Non potrei essere più d’accordo con Hermann Hesse. La malinconia, questo sentimento che alimenta in noi una condizione di inquietudine può divenire una qualità necessaria come il fertilizzante che offre i presupposti per la germinazione.
Perché dico questo? Porto in cattedra la mia esperienza. Resomi conto che avrei dovuto trascorrere molto tempo con me stesso è sopraggiunto quel sentimento di malinconia. La sensazione di claustrofobia si faceva più forte ogni volta che mi guardavo allo specchio, ero a tu per tu come me stesso e l’impraticabilità di poter fuggire ha fatto sì che inevitabilmente mi guardassi dentro. Preso coraggio, ho compreso che se avessi voluto ottenere qualcosa avrei dovuto lavorare.
Nel libro Kafka sulla spiaggia Murakami afferma che ognuno di noi deve fronteggiare la propria tempesta di sabbia, questa ci seguirà se tenteremo di sfuggirle quindi l’unico modo per farle fronte è entrarci dentro chiudendo bene gli occhi.
“Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. Sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia”. Murakami in Kafka sulla spiaggia
La semina come soluzione
Eccoci, siamo ancora qui! La tempesta di sabbia ha portato via con sé molto ma ha fatto anche pulizia. Il terreno un po’ dissestato è pronto per produrre, tu cosa farai, ti piangerai addosso? Pianta il primo seme, poi il secondo così anche il terzo. Sii come quel seme che deve crescere dopo una tempesta, sei vita che si concede una seconda possibilità.
La semina in quanto processo pratico richiede pazienza e dedizione ma offre a chi sa aspettare la possibilità di godere del profumo dei fiori e il sapore dei frutti. L’autunno e l’inverno sono i periodi in cui viene seminato ciò che si otterrà poi in primavera e allo stesso modo le stagioni invernali della vita sono quelle che offrono la possibilità di poter seminare i dolci frutti primaverili.
Per questo l’inverno precede la primavera così come la malinconia e la tristezza precedono la felicità. Ci ritroviamo quindi ad essere in accordo con Hermann Hesse, la malinconia e le delusioni non sono fatte per toglierci valore e dignità ma servono per farci maturare così come il frutto di un albero.
Conclusioni
Quest’anno abbiamo condiviso una stagione invernale inaspettata, ognuno ne è stato toccato e nessuno ne è uscito illeso, non garantisco il successo della semina però non temere perché se non seminerai ugualmente non avrai prodotto nulla.
Trovare la forza per far fronte alle proprie resistenze è un atto di coraggio che bisogna concedersi e qualunque sia la ragione, qualunque sia la scusa adesso ti serve di coraggio!
Fai fronte alla tua tempesta di sabbia, non rifuggirla ma attraversala con la consapevolezza che ne uscirai cambiato e che non sarai l’uomo di prima.
L’inverno della vita serve a renderci più forti ed anche più saggi per questo c’è bisogno di semina per il rigoglio della primavera, Albert Camus avrebbe detto creare è vivere due volte.