Il laboratorio della memoria: i ricordi di Facebook
Il signor Facebook, che mi piace immaginare come un’entità superiore al suo fondatore, quasi con costanza giornaliera mi presenta i miei ricordi. Sempre alla stessa ora, puntuale come solo una mente binaria può fare, illumina lo schermo dello smartphone per ricordarmi di me di due, tre, quattro fino a nove anni fa. E sempre puntualmente, come solo una mente umana può fare, poco mi riconosco o non mi riconosco affatto in ciò che ero.
Quella dei ricordi è una della molteplici funzioni di Facebook. Il funzionamento è semplice e accattivante: viene ripresentato tutto ciò che si è pubblicato sul proprio profilo in quello stesso giorno negli anni passati nella speranza che, tutto questo, possa farci piacere. E così, al grido della formula “Accadde oggi” si viaggia a ritroso nel tempo, con la speranza, quella vera, di non fare la fine di Marty e Doc.
Da una semplice applicazione, si può notare l’abissale differenza di funzionamento di queste due intelligenze: l’artificiale che ricorda tutto, con inesorabile puntualità, sconcertante precisione e quella umana terribilmente fallace, lacunosa ma anche per certi versi innovativa.
Sulla memoria umana e sulla memoria artificiale
Per memoria si intende la capacità superiore di un organismo vivente di conservare le tracce della propria esperienza passata e servirsene per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri.
Le prime teorie psicologiche paragonavano la memoria ad un magazzino il quale, acquisendo le informazioni dall’esterno, era dedito alla loro conservazione in speciali scaffali a compartimenti stagni, utilizzabili quando l’occasione presente lo avrebbe richiesto. Al pari di un armadio. Lo chiudi dopo aver riposto quel maglione così caldo e comodo che hai usato durante l’inverno. Arriva la bella stagione, alleggerisci l’abbigliamento, i giorni passano e ritorna di nuovo l’inverno. Il maglione è rimasto lì, ad aspettarti ancora caldo e comodo come la stagione precedente. E tutto sembra essere rimasto uguale fino a che non noti che il maglione non è poi così bello e neanche tanto comodo, un po’ si è scolorito e ti sembra che vada anche più stretto.
Lo stesso accade con le teorie scientifiche. Anche quelle possono iniziare ad andare strette e così si rivoluzionano. Il magazzino, come immagine della memoria, è scientificamente passata di moda. Da un processo passivo mnemonico si è passati col pensare ad un ruolo attivo della memoria sulla costruzione dei ricordi. Implica che il contenuto recuperato sia una ricostruzione nell’attualità piuttosto che un’accurata e fedele rievocazione dell’informazione originaria. Non si indossa il vecchio maglione, ma ogni volta se ne sferruzza sempre uno nuovo.
Di altra specie la memoria artificiale. Fatta di byte, raggruppati di otto in otto, quella si che continua ad essere un armadio nel quale riporre tutto e se finisce lo spazio nei cassetti basta acquistare un armadio nuovo e non limitarsi nell’acquisto di nuovi vestiti. Non sembra essere possibile trovare un limite agli armadi virtuali. Byte, megabyte, gigabyte, terabyte e oltre verso l’infinito.
L’arte di lavorare a maglia
Mentre ci illudiamo di ricordare un evento passato per come è realmente accaduto, rievocare i ricordi, per noi umani, equivale all’arte del lavoro a maglia con i ferri. Il filato viene intessuto l’uno sull’altro a creare una fitta trama e, movimento dopo movimento, il maglione prende nell’attualità la sua nuova forma.
L’idea di base è che la memoria sia un’arte creativa di costruzione di ricordi che abbiano racconti che ben si intersecano tra di loro e garantiscano la sopravvivenza della psiche di li evoca. In sostanza si riattualizza un evento del passato, rimodellandolo con le conoscenze attuali che abbiamo su di noi e con il racconto medesimo di queste conoscenze per far si che questo racconto attuale venga confermato anche nel passato. Questo è ciò che ci fa avere un nostro senso di continuità temporale, ciò che definiamo comunemente Io. E proprio per mantenere questo Io alcuni eventi devono essere dimenticati, alcuni fili si devono necessariamente perdere altrimenti il maglione non può prendere forma.
Dimenticare, piuttosto che ricordare, sembra essere figlio di un dio minore di cui dobbiamo vergognarci perché sembra mettere in evidenza delle nostre disattenzioni e i nostri limiti. Seppur cerchiamo di mantenere più ricordi vividi nella nostra memoria, ci si accorge che sempre maggior dettagli con il tempo cadono nell’oblio. Interi episodi vengono completamente rimossi, altri sbiadiscono come vecchie polaroid, di altri ancora se ne conservano solo pochi dettagli apparentemente insignificanti. Tutto ciò che si bagna nelle acque del fiume Lete è perso per sempre, trasportato dalle sue acque gelide. Tutto deve andare secondo necessità e ciò che viene perso, deve essere perso per garantire la sopravvivenza e dovrebbe essere valutato nella misura in cui produce benessere psicologico. Ricordare e dimenticare sono due facce della stessa medaglia le quali si rivolgono al medesimo scopo: la sopravvivenza psichica.
Facebook è a favore o contro la sopravvivenza?
[Nell’epoca classica] La memoria umana veniva concepita come una sorta di ricco museo o teatro interiore, piuttosto che come un sistema di schedatura alfabetico o cronologico [ … ] Nell’arte della memoria, gli eventi si raggruppano in fasci o costellazioni, perché condividono il medesimo significato o modello archetipico e non semplicemente perché iniziano tutti con la lettera A o B o perché sono accaduti nello stesso giorno o nello stesso anno. L’organizzazione della mente era basata su significati intrinseci, non su arbitraria etichette nominalistiche. (J.Hillman, Re-visione della psicologia)
Al signor Facebook, invece, sembra non esser permesso di dimenticare. Lui costretto a ricordare ogni singolo dettaglio, ogni data, ogni compleanno, foto, anniversario. E stiamo delegando a lui la nostra memoria e i nostri ricordi. Diventati sua proprietà, questi riemergono con le sue logiche temporali piuttosto che con le nostre relazionali.
Cosa accade quando i ricordi vengono presentati per rispondere al mero principio temporale?
Si vive un senso di intromissione improvvisa di fantasmi del passato che vengono per catapultarti in quel medioevo psichico. Insieme alla frase, o alla foto o al nome di amici perduti, riemergono tutti gli umori assopiti e si torna nell’attualità a rivivere sentimenti passati. Si torna ad indossare gli abiti che si era indossati in precedenza e si ricorda perché quell’amico delle scuole oggi non lo è più tanto. Se il ricordo è passato, il sentimento è attuale.
Oppure si può vivere un senso di estraneità con se stessi. Magari ti sei sempre raccontato come adolescente più saggio dei tuoi coetanei fino a scoprire che tanto saggio non lo eri e che, dopotutto, gli adolescenti di oggi assomigliano più di quanto immaginavi agli adolescenti di ieri. E forse, preso da un insolito sentimento di comprensione, sorriderai e li sentirai meno alieni.
Una possibile via di connessione con coloro che sentiamo distanti, ma che lo sono solo in apparenza.
P.S. CLICCA QUI per leggere Facebook è lo specchio della nostra psiche
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